Le favole sottoterra di Massimo Andrei

 
Servizio di Gabriella Galbiati

Dal 15 ottobre al Museo del Sottosuolo di Napoli, Massimo Andrei torna a trasformare in teatro luoghi non convenzionali con Le Favole Sottoterra. Dopo essere stato protagonista del successo delle Favole del Mare, riveste i panni di narratore per raccontare storie viscerali con tanti personaggi (attori e cantanti) e una lingua, che appartengono tradizione profonda della nostra cultura. Un percorso di racconti, storie comiche e fantastiche, “cunti” antichi e leggende metropolitane nate o ambientate nel sottosuolo. 
Come dichiara lei stesso: «La fiaba altro non è che un uomo che racconta una storia ad altri uomini… e questo altro non è che l'origine del teatro». Massimo Andrei, lei cosa racconterà al pubblico che verrà a vedere "Favole sottoterra"? E dove ha preso spunto per il suo nuovo lavoro?
Il mio è un racconto autentico, dove la protagonista è la parte sotterranea che risiede in ciascuno di noi e le nostre viscere vengono rappresentate attraverso personaggi fiabeschi. In verità, non mi sono inventato nulla ed ho preso spunto dalla realtà dalle cose che esistono e ci circondano. Per il mio spettacolo mi sono ispirato a temi psicologici ed esistenziali, partendo dalle opere di Basile, Ruccello, da alcuni miei racconti e dalle storie sacre. Il tutto viene delineato in modo giocoso e comico e in scena si alternano vari personaggi. C’è un principe azzurro che rappresenta la seduzione e di cui una fanciulla si innamora anche attraverso le melodie che questi intona. Ma non si capisce se lei lo sogna perché gli altri non vedono questo principe quindi potrebbe essere nella sua testa. Un altro personaggio è una donna anziana dell’Est che racconta la storia di Romina e della complicità tra donne. Lei si è ricoverata sottoterra per stare più protetta e alla fine si scoprirà che la storia che lei racconta non è altro che la sua. Un altro elemento chiave è l’orco ripreso dalla favola della prima giornata de Lo cunto de li cunti di Basile e che richiama a quella parte di noi cattivella e dispettosa. Sono comunque tutte storie giocose e divertenti particolarmente adatte ai bambini.

Che ruolo ha la musica nel suo spettacolo?
La musica qui ha una parte fondamentale perché così come avviene nei riti cristiani e tribali, non se ne può fare a meno. In Favole sottoterra c’è una musica melodica che ha forza seduttiva perché è quella che il principe azzurro usa per conquistare la fanciulla. Ma è forte anche la presenza della fisarmonica e del tamburo che hanno una valenza tribale ed esorcizzante. 

Lei è abituato a lavorare sia in spazi teatrali convenzionali che in luoghi insoliti. In qualche modo ciò condiziona il suo lavoro? "Fare teatro" in un posto piuttosto che in un altro rende diverso anche il rapporto con lo spettatore?
Assolutamente si e a me piace creare per il posto. Il luogo rappresenta un ingrediente importante nella scelta e nella scrittura. Per le Favole di mare, non a caso, raccontavo le
storie in maniera spumeggiante, aperta e trasognante. Mentre per le Favole sottoterra, la narrazione diventa più sporca, viscerale e cruenta ed i personaggi sono più grevi.

Oltre a "Favole sottoterra", quali sono i suoi prossimi impegni teatrali?
Per questa stagione riprenderò due spettacoli per me importanti e che mi stanno dando grandi soddisfazioni. Il primo è Non farmi ridere, sono una donna tragica, di cui sono autore e regista, oltre che protagonista insieme a Gea Martire, e che andrà in scena dal 16 febbraio al Nuovo Teatro Sancarluccio. Ritorna anche Grand’estate con Enzo Moscato che ha debuttato con successo l’anno scorso al Teatro Nuovo di Napoli.
Tra i progetti futuri, invece, c’è un nuovo spettacolo per ottobre 2017 al Museo Archeologico di Napoli dove tra le opere d’arte illustrerò l’amore nel mondo greco romano.  

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