“Filumena Marturano” di Eduardo De Filippo – Regia di Liliana Cavani - Con Mariangela D’Abbraccio e Geppy Gleijeses
Al Teatro Diana di Napoli dal 13 al 30 ottobre
Servizio di Rita Felerico
Napoli - Unica nel modo di puntare la macchina da presa nelle pieghe più profonde del male e nelle tante cose belle e tante tremende dell'individuo – come afferma in un' intervista del giugno 2015 a cura di Cristiana di San Marzano su State of mind- Liliana Cavani imprime del suo inconfondibile stile la messa in scena di Filumena Marturano , uno dei più amati testi teatrali di Eduardo De Filippo, in scena al Teatro Diana dal 13 al 30 ottobre.
Fin dalle prime rappresentazioni nell'ambito dell'ultima edizione del Festival dei Due Mondi di Spoleto, lo spettacolo ha registrato un notevole ed entusiastico successo di pubblico e di critica. Essenziale, diretta, la regia della Cavani ha saputo dare giusto rilievo e peso a tutti i personaggi. Concretizzare quell'idea di Filumena che un'intensa e bravissima Mariangela D'Abbraccio esprime, dare voce ad un don Domenico Soriano nascosto nelle parole dal tono dubbioso e indagatore di un Geppy Gleijeses che impegna essenzialmente il suo personaggio in una difficile ricerca di identità.
Sì, perché fin dalle prime presenze sul palcoscenico si percepisce un tono interpretativo che desidera dare la profondità innovativa di un “qui ed ora” ad una figura femminile e ad una maschile nel tempo fin troppo sedimentate e simbolizzate. Siamo di nuovo a fare i conti con l'amore di una madre verso i figli, una madre disposta ad affrontare qualsiasi ostacolo o difficile strategia di azione al solo scopo di difenderli e proteggerli, lottando contro pregiudizi e conformismi. E torna il racconto dell’egocentrico comportamento maschile, concentrato sul piacere e sulla irresponsabilità.
Ma qui, in questa produzione, nata dalla concessione dei diritti alla messa in scena che Luca De Filippo diede alla D’Abbraccio, andare al presente significa leggere il testo di Eduardo con lo sguardo conflittuale della contemporaneità, in una società e in un Paese diverso da quello descritto da De Filippo, ma allo stesso modo impegnata con diversi presupposti in un percorso di rinascita e ricostruzione.
La Filumena dei nostri protagonisti è risposta a chi voleva incastonare in un 'eterno' senza tempo un naturale sentimento materno e un ingessato percorso di conoscenza di sé e delle possibili prese di coscienza dei personaggi che ruotano intorno alla donna, nella quale si intravedono – a mio avviso – le prime istanze di una ‘rivendicazione femminile’, rispetto ad una giusta riconoscibilità e ruolo sociale.
La cifra che la regista ci offre insieme agli attori è la lettura - come altre volte ha espressamente dichiarato - dei conflitti relazionali e sociali secondo una scala di analisi ‘altra’, una modalità espressiva che le appartiene fin dagli inizi della sua carriera di regista : scardinare e riordinare i valori dati, quelli familiari, materni, di relazione uomo/donna, “…vantando non l’uguaglianza, ma la fratellanza, che è tutta altra cosa, un’altra visione sulla natura del mondo. Non siamo uguali, ma possiamo essere fratelli. Un concetto di una modernità incredibile” dichiara nella medesima intervista parlando della figura di San Francesco, da lei varie volte analizzata.
In questo senso, infatti, è moderno il rapporto che Filumena chiede si instauri fra Domenico e i suoi figli, fra lei e Domenico, tra i figli stessi.
E’ nota la fotografia – anni ‘70 - in bianco e nero che ritrae la giovane regista, oggi ottantaduenne, sorridente, abbracciata dal maestro ormai anziano. “Avevamo in comune un agente – spiega la regista –. Qualche volta era capitato di cenare insieme. Eduardo era un uomo molto intelligente, molto sensibile, che aveva anche sofferto. Ma questa sua
intima malinconia, la esprimeva attraverso il teatro. Lui era un uomo-teatro. Dal teatro traeva lo scopo della sua vita perché raccontava il mondo così come lo vedeva, come lo pensava”.
E’ quello che la Cavani ha chiesto ai suoi attori, quello che ha condiviso con la D’Abbraccio e Geppy, e ad uno staff che ha conosciuto e lavorato con Eduardo e con gli insegnamenti di Eduardo.
Un testo bellissimo , lo definisce la regista, che continua ad appassionare e del cui fascino sono soggiogati gli spettatori e tutti gli altri interpreti e giovanissimi attori : Mimmo Mignemi, nei panni di un Alfredo Amoroso dall’accento siciliano, i tre figli di Filumena, Agostino Pannone, Gregorio De Paola ed Eduardo Scarpetta, e l’ applauditissima Nunzia Schiano nel ruolo di Rosalia Solimene. Bella prova anche per Ylenia Oliviero (Diana), Elisabetta Mirra (Lucia) e Fabio Pappacena (l’avvocato Nocella). Ben descrittive del gioco psicologico fra i personaggi le scene di Raimonda Gaetani e le musiche di Theo Teardo.
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