“Filumena Marturano” - di Eduardo De Filippo – regia di Nello Mascia con Gloriana e Nello Mascia
Al
Teatro San Ferdinando di Napoli dal 25 dicembre al 6 gennaio
Servizio di Antonio
Tedesco
Napoli - Il fatto che Eduardo abbia titolato questo
che, nel tempo, si è rivelato uno dei suoi lavori più rappresentativi, con il
nome, semplice quanto evocativo, della protagonista, ne determina senza ombra
di dubbio l'assoluta centralità che l'autore intendeva darle.
Filumena
Marturano non è solo un personaggio, è un mondo. E' una concezione
dell'esistenza concreta e “verace”, che si contrappone a quell'altra, più
diffusa e grossolanamente accettata, basata invece sull'ipocrisia,
sull'apparenza, sulla superficialità di una vita che scorre su binari già
comodamente predisposti, e che non prevede scossoni o deviazioni. Filumena la
vita se la deve sudare giorno per giorno, deve conquistarsi il suo spazio
centimetro per centimetro, senza mai abbassare la guardia, perché la sua
strada, a differenza di quella del convivente-marito Domenico Soriano, è
insicura e precaria. Le può crollare sotto i piedi da un momento all'altro. E'
proprio per questa incertezza, per questo stato perenne di precarietà, che
Filumena è stata elevata a simbolo di un popolo e di una città. Ne rappresenta
lo spirito profondo, la sua parte più intima e vera. Anche nel venire a patti,
come storicamente si è verificato, con una borghesia ignava e ipocrita e spesso
ai limiti della deboscia, che però, come accade a Filomena con Soriano, si
mostra in grado, quanto meno, di assicurarle gli elementi indispensabili per
una minima sopravvivenza.
Tali fattori,
molto presenti nel sottotesto di Eduardo, vengono ulteriormente evidenziati in
quest'allestimento di Filumena Marturano, curato da Nello Mascia, che ne
è anche interprete nel ruolo di Domenico Soriano, in scena al Teatro San
Ferdinando nell'ambito della stagione dello Stabile napoletano, fino al 6
gennaio. E vengono espressi in maniera tutta interna al contesto della
rappresentazione teatrale e cioè attraverso la scelta degli interpreti e degli
stili di recitazione.
Non è un
mistero che tutta l'attesa e le aspettative che si erano create intorno a
questa messa in scena erano concentrate sulla scelta della protagonista, e cioè
Gloriana, nota cantante e attrice napoletana, interprete, essenzialmente di
canzoni popolari e tradizionali e di sceneggiate. Una “voce del popolo”,
quindi, schietta, diretta, senza mezze misure. Intorno a lei Mascia ha
costruito un mondo maggiormente artificioso, più falsamente sofisticato,
legato, anche in maniera simbolica, a stili di recitazione e, diremmo, di
gestione del personaggio, più elaborati e artificiosi. A partire dalla sua
stessa recitazione un po' blasée, alla quasi macchiettistica caratterizzazione
della sua amante Diana
(Francesca Golia), dove
sensualità e futilità si incrociano in un inestricabile connubio, al rigido
formalismo dell'avvocato Nocella (Ferdinando Maddaloni), che rimanda a quello
dell'ordinamento legislativo e burocratico. Solo le persone di servizio, seppur
con diverse funzioni e ruoli, sembrano poter fare da collegamento tra questi
due mondi.
Una struttura
registica, insomma, costruita per focalizzare in maniera ancor più decisa la
figura della protagonista, per meglio farne emergere la verità e la visceralità,
a confronto con l'artificiosità del contesto. Anche a rischio di creare qualche
scompenso e qualche dissonanza, che pure c'è nel complesso della
rappresentazione. Infatti, non sempre questa “distanza” tra i personaggi è
modulata in maniera armonica, e certe discrepanze possono lasciare interdetto
lo spettatore meno avvertito o maggiormente abituato ad allestimenti
tradizionali.
E dunque, se
efficace e diretta, come doveva essere, risulta l'interpretazione di Gloriana,
il contesto intorno a lei sembra allentarsi e perdere di mordente man mano che
si avvicina al finale. Rischio che, comunque, è legittimo correre quanto ci si
confronta, con intenti innovativi, con un “mostro sacro” della moderna
drammaturgia. E, per di più, così fortemente radicato nell'immaginario
popolare. Efficace risulta anche il personaggio di Rosaria Solimene
interpretato in chiave un po' straniata da Cloris Brosca, mentre, se pur
sostenuto da una buona prova d'attore (Giancarlo Cosentino), un po' irrisolto
ci è parso il tentativo di fare del personaggio di Alfredo una sorta di
narratore fuori campo.
Suggestive,
anche questa nell'idea di una ricontestualizzazione del testo, le musiche di
James Senese. Grande apprezzamento, comunque, da parte del pubblico con
applausi a scena aperta e lungamente nel finale.
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