“Virgilio brucia” - Drammaturgia di Simone Derai e Patrizia Vercesi, regia di Simone Derai

All’Auditorium di Castel Sant’Elmo per il Napoli Teatro Festival – 26 giugno

Servizio di Francesco Gaudiosi

Napoli- Faticoso. Se ci fosse un aggettivo per spiegare in una parola questo spettacolo, allora faticoso sarebbe senza dubbio quello migliore. Faticoso ad eseguire e a seguire un testo così complesso ed enigmatico, forse persino tendente ad una critica letteraria che sfocia in meandri che lo spettacolo stesso accenna ma dimentica durante lo svolgimento. Faticoso da reggere, con un monologo interamente in latino per oltre quaranta minuti con ben dieci attori immobili, fermi. L’unica cosa a scorrere sono i sottotitoli, e il tempo che si avvicina alla tanto attesa fine della messa in scena.
Ma prima dei sopracitati quaranta funesti minuti di esecuzione in latino, precede un’altra abbondante ora di proiezioni di video prima giustificabili, ma poi decisamente fuori luogo. In compenso lo spettatore può dire- una volta uscito dallo spettacolo- di aver compreso benissimo come vengono alla luce cuccioli di maiali, vacche e pulcini. Il tutto su un mai tanto errato sottofondo musicale con voci liriche che cantano a cappella.
Dove e in cosa si nota quello che Derai vuole esprimere? Dove c’è Virgilio in questa messa in scena che di tutto parla fuorché del poeta latino? A parte questa immobile ed insopportabile esecuzione del Secondo e del Sesto libro dell’Eneide questo spettacolo sembra di parlare di tutto, ma di Virgilio no. Tutta la spiegazione dello spettacolo vivrebbe in una scheda che sembra essere scritta da uno tra i migliori filologi latini, ma che è disattesa in ogni singolo momento dall’esecuzione scenica.
A parer di chi scrive più ci si complica le cose più queste esecuzioni sceniche moderne che provano a ricalcare un elemento storico-letterario del passato non hanno né il sapore di teatro di sperimentazione, né  gli ingredienti di quello classico. Questo spettacolo è un chiaro esempio di drammaturgie ed esecuzioni complesse che talvolta dimenticano che a vederle c’è un pubblico, ed il pubblico va “condotto” in maniera chiara, distinta, alla comprensione del testo. Più si aggiunge, più ci si distacca dal dato concreto per tentare il “folle volo” che Dante ben ci spiega cosa comporta.
E, se è lecito dubitare della comprensione del testo da parte del sottoscritto, questo stesso può testimoniare come forse il problema non abbia coinvolto unicamente lui, ma un’altra notevole fetta di platea che sul trascendentale ci era arrivata sì, ma grazie al portentoso effetto soporifero della messinscena.  Stesso pubblico che agli applausi finali in parte va via, altri gridano elogiando lo spettacolo ed essendo chiaramente identificabili come quegli spettatori medi che nulla hanno compreso dello spettacolo, però, proprio per questo motivo, considerano la pièce  come qualcosa di “così intellettualmente elevato” che è meglio applaudire, e far vedere di aver apprezzato.


©RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenti