“Per oggi non si cade” di Santanelli: all’Accademia di Belle Arti un gioco teatrale e una denuncia
Se la munnezza
galleggia nei cieli di Napoli per assenza di gravità
Servizio di Andrea Fiorillo
Servizio di Andrea Fiorillo
Un’altra prima
assoluta del Napoli Teatro Festival, “Per oggi non si cade” di Manlio Santanelli e la regia
di Fabio Cocifoglia, che vede protagonista Napoli secondo un’ottica assai
nuova. Grazie all’ausilio di audio-guide, lo spettatore
ascolterà la
storia di una giornata senza gravità. Le installazioni saranno create dagli
studenti dell’Accademia
di Belle Arti, che ospiterà l’evento. Si tratterà quindi di una creazione dello
spettatore stesso che, scegliendo la stanza in cui entrare, “monterà” lo
spettacolo a seconda della sua sensibilità e, personalizzando il percorso in
maniera del tutto individuale. Dal 7 al 13 giugno.
Santanelli, uno
spettacolo che immagina Napoli piena di cose che restano sospese in aria. Come
le è venuto in mente?
“Il tutto nasce da
un’esperienza personale successa non molto tempo fa: un giorno, tornando a
casa, mi capitò la rocambolesca avventura di essere sfiorato da un sacchetto
della spazzatura lanciato da un balcone. Dopo un attimo di smarrimento, ho
metabolizzato l’idea di correggere questo malcostume attraverso una simile
iperbolica soluzione, quasi come se l’assenza di gravità consentisse
l’interruzione del gesto e il sacchetto restasse lì, sospeso. Dando alla natura
il compito di eliminare un problema che le istituzioni non riescono a risolvere.
Napoli in questa
folle giornata carnevalesca nella quale succedono strane cose diventa una
grande Piedigrotta, vivendo un’esperienza nella quale per un giorno intero “non
si cade”, e la realtà si trova fantasticamente capovolta.”
Un sovvertimento
della realtà attraverso un escamotage che ricorda quel senso di “follia” tipico
della sua drammaturgia?
“Napoli capovolgendosi
resta pulita, le sue strade diventano eccezionalmente prive di quello che c’è di
solito. Quello che si sporca è il cielo. Uno sconvolgimento necessario in cui
l’ironia si fa strumento per affrontare i mali peggiori che spesso non trovano
soluzione.”
Uno spettacolo che si
sviluppa come una visita museale?
“Sì, perché dal
testo, insieme al regista Fabio Cocifoglia, abbiamo fatto un lavoro di
drammatizzazione del racconto, prendendo spunto dalle mille voci presenti nella
narrazione, voci soprattutto femminili che a Napoli predominano. E questa mia
percezione della città viene dalle sue esuberanze, dalla sua creatività, dalla
capacità di trasformarsi di continuo. Mentre il mondo maschile è più
istituzionalizzato, ridotto a sistema, quello femminile rifiuta il sistema
stesso, in un continuo divenire, proprio nella stessa maniera in cui si esprime
Napoli. Uno spettacolo che quindi si sviluppa attraverso l’ascolto di questa
storia registrata che farà sentire lo spettatore immerso completamente nello
spazio raccontato. Il tutto attraverso l’utilizzo di audio guide che saranno
consegnate all’ingresso.”
Un viaggio quindi all’interno
dell’Accademia di Belle Arti?
“Gli spettatori
effettueranno un percorso attraverso gli ambienti dell’Accademia scegliendo
dove andare e stando completamente dentro gli avvenimenti narrati. Un racconto
a segmenti in cui in autonomia si interagisce attivamente con le cose che si
sceglie di vedere e ascoltare, montando lo spettacolo a seconda della propria
fantasia, partecipando quindi alla creazione. Lo spettatore diventa
coprotagonista.”
Fondamentale la
partecipazione degli studenti dell’Accademia a cui è stata data una grande
chance?
“Assolutamente sì,
perché per la prima volta fanno un’esperienza professionale che esce dalle mura
dell’Istituzione e i materiali prodotti e usati nello spettacolo sono appunto
il risultato del lavoro fatto attraverso le collaborazioni delle cattedre di
Scenografia e Fotografia. Credo fermamente che
andrebbe aperta la formazione, la creatività di questi ragazzi, aiutata e
stimolata dai loro professori, facendo esperienza sul campo.”
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