L’altrove luminoso e accogliente di Ugo Piscopo
Campania Teatro Festival - ultimo incontro della sezione letteratura
Servizio
di Rita Felerico
L’ultimo appuntamento della
sezione Letteratura all’interno del Campania Teatro Festival dal titolo Alle
porte dell’altrove chiude – in maniera consequenziale - la serie
d’incontri all’interno e verso il percorso del Laggiù , come se si fosse giunti al limite di
un confine, pronti a scavalcare ogni idea di tempo. Ospiti Ugo Piscopo e Renato
Carpentieri. Dopo aver incontrato nelle passate edizioni Antonio Spagnuolo
e Rino Mele – presente in sala - voci tutte che segnano e disegnano la storia
poetica del nostro territorio, con Ugo si ritorna al messaggio iniziale
lanciato da Silvio, quello della scoperta e dello svelamento di ‘ciò che non si
vede’, di quello che cammina nel sottosuolo.
“Con il suo sorriso – dichiara Silvio
Perrella, impagabile anfitrione e curatore della rassegna – Ugo sa giungere alle porte dell’altrove,
scavalcando i ritmi del tempo, come Rino, Antonio, Renato ‘antenati viventi ‘
capaci di farci percepire la loro vibratile presenza, le loro sonorità, nel
chiassoso caos del presente dove sembra che nessuno abbia fondamento.
La
loro voce è in questo senso Poesia ”. Ugo – personalità complessa e
poliedrica, uomo di scuola, professore, preside, critico, regista, scrittore,
poeta e tanto altro ancora- ci ha
insegnato ad andare oltre restando
ben ancorati e abitati dallo spazio che ci accoglie nel nostro venire al mondo.
“ Sono nato in un non luogo, afferma
, ma
l’infanzia è nei sotterranei della nostra anima e in solitudine ho imparato a
divenire altro ogni giorno, liberandomi da ogni presenzialismo”. Una
solitudine operosa, precisa Silvio, che lo porta attraverso l’accettazione
della sua realtà – Ugo è nato a Pratola Serra, in provincia di Avellino – a
curiosità plurime, agli studi negli archivi e quindi in seguito a riscattare sé
stesso e un ‘popolo’, un mondo che vive ai margini e che deve essere scoperto e
conosciuto, nella sua valenza culturale e storica. Ritorna al passato per il
tramite della famiglia, dell’orto familiare, riscopre il rapporto con il padre.
Studi e ricerche lo portano in seguito a scavare nel ‘futurismo napoletano’,
periodo del quale possiede una notevole documentazione. Ne scopre il lato
‘umoristico’, già nel 1965, e la napoletanità nascosta, ovvero la creatività
come quella espressa dalle donne che cantano dai balconi.
Si è accennato anche al
rapporto con la Libia, dove Ugo ha vissuto per un periodo subendo anche un
momento di prigionia. Ricorda, il poeta, soprattutto il desiderio di
ridisegnare i rapporti interumani, le relazioni, gli scambi del sentimento
(c’erano libici che appellavano ‘bestie’ altri libici). Un desiderio che emerge
anche nel suo ultimo libro, dedicato alla Calabria, terra bellissima, abusata,
manipolata. Come per la Libia è necessario ridare alla Calabria dignità e
parola. E Ugo, poeta ai ‘bordi del vento’, rincorrendo i capricci della luce,
cercando di disfarsi di sé e riconoscersi in altro, si pone sempre in cammino: ti chiamo Annina, non sanno di chiamarti
sere d’estate/ …spille negli occhi porti per far grappoli di idee e cose. E
le domande alla vita e sulla vita si snocciolano, presentandosi così, uno
affianco all’altra, come in schiera. Renato Carpentieri con la sua voce e
l’intensa interpretazione, nota al pubblico di cui è un amato beniamino, accompagnandosi
con le note delicate ma incisive di campanelle e piccoli strumenti a
percussione suona le parole dei suoi haiku – che avvicinano Ugo ad Andrea
Zanzotto - e di altri poemetti, prendendo per mano gli spettatori e trascinandoli
verso quell’altrove che spalanca le
porte alla luce.
ALLE PORTE DELL’ALTROVE
con UGO PISCOPO E RENATO
CARPENTIERIDopo aver festeggiato Antonio Spagnuolo e Rino Mele, quest’anno Laggiù si
concentra e dà spazio e rilievo ai molteplici talenti di un maestro in ombra
come Ugo Piscopo, capace di tenere insieme il futurismo, Alberto Savinio, e
l’ascolto tumultuoso e franto del presente. Con lui un grande attore come Renato Carpentieri ha dato voce e corpo ai suoi
versi.
Foto di Giusva Cennamo
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