MISURA PER MISURA – da William Shakespeare - Drammaturgia e regia di Laura Angiulli

Al Teatro Galleria Toledo di Napoli dal 15 AL 23 marzo

 

Servizio di Antonio Tedesco

 

Napoli – Come anche per il  precedente allestimento da Shakespeare realizzato da Laura Angiulli (P_Ossessione Otello, visto alcuni mesi fa) dove era “l’onesto Iago” che orchestrava a suo piacimento, tramite insinuazioni e calunnie, gli eventi sulla scena, anche in questo nuovo spettacolo Misura per misura, che la Angiulli ha tratto sempre da Shakespeare e che ha debuttato il 15 marzo a Galleria Toledo dove sarà fino al 23 dello stesso mese, c’è un personaggio che funge da regista in scena, o meglio da artefice degli eventi, riuscendo a influenzare e condizionare le scelte e il destino degli altri personaggi. Si tratta di Vincenzo, Duca di Vienna che decide di lasciare temporaneamente la reggenza della città al Vicario, Angelo, simulando un viaggio, ma rimanendo in realtà nella città stessa sotto mentite spoglie, quelle di un anonimo frate, con l’intento di controllare così, dal di dentro, l’operato dei suoi concittadini e, soprattutto, di quello che avrebbe dovuto essere il suo integerrimo sostituto. In questa posizione si trova, però, nella possibilità di poter manipolare il corso degli eventi, riuscendo, per di più, a far emergere, dei vari personaggi, lati oscuri e contraddizioni. Il discorso che si manifesta più evidente, è quello sull’esercizio del potere e sulle storture che questo provoca nell’amministrazione della giustizia. Ma anche qui, come appunto, per il precedente P_ossessione Otello, Laura Angiulli sembra più concentrata sul sottotesto meno esplicito, ma forse più pregnante, riguardante la riflessione che sempre Shakespeare fa sui meccanismi del teatro che egli stesso utilizza.
 
Così, in un’ambientazione scenografica neutra, fatta di pochi oggetti simbolici, che libera la commedia da ogni tipo di contestualizzazione storica e epocale, distillando, con un lavoro encomiabile di sintesi, il senso del testo shakespeariano e concentrandolo in meno di un’ora e mezza di spettacolo, la regista ci offre uno spaccato di inquietante modernità, dove ottusità e ostinazione, opportunismo e bieco compromesso, incapacità di venire incontro, o anche solo comprendere le esigenze degli altri, sono la norma, ma ciò che è peggio, e che viene maggiormente messo in luce, è che non esiste tragedia, né possibilità di redenzione, l’uomo è inchiodato alla sua condizione di miseria interiore senza speranza e senza riscatto, al punto che lo stesso deus ex machina, il Duca Vincenzo, si accontenta di sanare bonariamente i misfatti da lui smascherati, ed egli stesso, in qualche modo, approfitta degli eventi per trarre qualche vantaggio. Ma lo dobbiamo considerare realmente un personaggio, o piuttosto un’emanazione dell’autore che fa le sue tristi considerazioni sulla natura umana e non salva neanche se stesso, che dalle contraddizioni che tale natura affliggono trae, per così dire, i suoi benefici drammaturgici?. E forse è proprio questa “presa d’atto” che conferisce al testo una forza eversiva che pare più destabilizzante di quella di molti dei suoi più noti e frequentati drammi o tragedie. Coerentemente con questa lettura la regia della Angiulli si concentra su una accorta gestione degli elementi di scena, coadiuvata dall’accurato ed espressivo gioco di luci firmato da Cesare Accetta, e  sulla recitazione degli attori, che coniuga il piglio del linguaggio shakespeariano a momenti di contenuto straniamento. Ben assecondata nel suo disegno, non senza qualche disomogeneità, dalla nutrita Compagnia, nella quale comunque, si distinguono in maniera particolare le prove di Gennaro Maresca (Vincenzo), Luciano Dell’Aglio (Angelo), insieme a Michele Danubio e Agostino Chiummariello. Al solito intensa ed efficace Alessandra D’Elia nel ruolo della pia e ostinata Isabella, come ugualmente efficace ci è parsa Federica Aiello nel ruolo di Mariana. Ottima l’accoglienza da parte del folto pubblico della “prima”.

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