Brachetti finisce in un deposito bagagli: “Le valigie? Contengono magie”

Il re dei trasformisti all’Augusteo con il suo nuovo  show di illusionismo contemporaneo
Servizio di Pino Cotarelli

Napoli - Il più grande attore-trasformista del mondo torna in Italia con la sua galleria di oltre 350 personaggi e sarà all’Augusteo dal 14 al 23 marzo. In “Brachetti, che sorpresa!”, Arturo è l’anima del deposito bagagli di un grande aeroporto internazionale colmo di valigie, casse e bauli di tutto il mondo; un luogo misterioso e affascinante, pieno di oggetti ricchi di storie. Le valigie hanno molto da raccontare: dei luoghi visitati, delle persone con cui viaggiano, delle aspirazioni e dei sogni dei proprietari… Alcune sono state smarrite, altre cercano di ricongiungersi al loro padrone, altre ancora sono di passaggio. Tutte, però, hanno una storia unica che in scena prende vita magicamente. Stavolta Brachetti non è solo. Suoi compagni di avventura sono amici strani, eclettici e un po’ folli come lui: l’allievo Luca Bono, giovane talento dell’illusionismo internazionale; Luca&Tino, artisti esilaranti, stralunati e improbabili, definiti da Le Figaro i “Laurel e Hardy italiani”; e il mago Francesco Scimemi.

Brachetti, com’è nato questo nuovo spettacolo?

“Innanzitutto dalla voglia di incontrare di nuovo il pubblico italiano: a parte una breve parentesi lo scorso anno proprio a Napoli, sono assente dai teatri italiani dalla fine del 2011. Troppo per me. Dopo qualche mese all’estero ho bisogno di immergermi di nuovo nella nostra identità nazionale. E poi…”.

E poi?

“ ‘Brachetti che sorpresa!’ nasce dall’idea di portare, anche in Italia, un nuovo modo di fare magia: lo show è un varietà di illusionismo contemporaneo, proporrà una magia molto più dinamica di quella cui siamo abituati. I ritmi sono velocissimi, i numeri della tradizione sono rivisitati in chiave contemporanea, si usano nuove tecnologie, come il mapping, che è un uso particolare di proiezioni video”.

Lei ama portare a Napoli i suoi show.

“Voglio davvero molto bene a Napoli, che assieme a Parigi è la città che di più mi ha adottato. E credo sia un amore ricambiato. Ci vengo perché è uno dei pochi posti al mondo che mi sa sorprendere, e ha un senso dello spettacolo, del gesto teatrale così radicato e sviluppato che fa dei napoletani il pubblico ideale per cercare nuovi stimoli e sperimentare progetti. Lo scorso anno proprio a Napoli portai il prototipo dello spettacolo che oggi è diventato ‘Brachetti che sorpresa!’ “.

Come ha scoperto il suo talento di trasformista?

“Da ragazzo ero in seminario e, negato per il calcio com’ero, trascorrevo il tempo nel teatro della scuola. Piano piano guadagnai la fiducia del mio professore, Don Silvio Mantelli, e mi feci consegnare le chiavi della sala. Don Silvio era un illusionista. Era noto come il Mago Sales. Mi regalò un libro su Fregoli svelandomi un mondo: il grande trasformista non aveva lasciato eredi, la sua arte era tutta da riscoprire e reinventare”.

E che cosa le disse don Silvio?

“ ‘Non importa avere la vocazione. Importa che tu scopra qual è la tua’. La mia, lo capii in quel momento, era stare sul palcoscenico e stupire il pubblico”.

La sua anima camaleontica le dà serenità nella vita?

“Sicuramente per fare quello che faccio sul palcoscenico (e talvolta anche nella vita privata) bisogna conoscersi bene: in scena non cambio solo colore dell’abito ma cambio anima, in pochi secondi e molte volte nella sessa serata”.

Perché non ha mai usato il suo talento nel campo della moda?

“In realtà non è mai capitato. Però sono lo stilista dei miei costumi: c’è molto di mio in ogni abito che indosso; non è solo una questione tecnica, ma proprio di feeling. Vado io in sartoria a spiegare che cosa voglio e seguo ogni parte del lavoro. I miei primi costumi li faceva la mia mamma e li conservo ancora, assieme agli altri 350 e più, tutti in un grande capannone dove ci sono anche i pezzi delle scenografie e gli attrezzi dei miei spettacoli”.

Quali caratteristiche devono avere gli artisti che lavorano con te?

“Sicuramente saper parlare al grande pubblico rivolgendosi a tutti senza tradire la qualità. Penso, per esempio, a una coppia comica come Luca&Tino, che si sono formati alla scuola del circo di Mosca e poi sui palcoscenici di mezzo mondo. Un altro elemento importante è l’applicazione costante: bisogna provare, riprovare, con pazienza, senza mollare. Un illusionista si allena settimane per un effetto di pochi secondi di cui il pubblico si accorge appena, ma che è essenziale per la riuscita del numero. Luca Bono, il mio giovane allievo che è un talento della magia, si allena ogni giorno per quattro, cinque ore almeno. Alla base di tutto, dev’esserci, comunque, la passione”.

 
15 marzo 2014
 

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