Brachetti finisce in un deposito bagagli: “Le valigie? Contengono magie”
Il re dei trasformisti
all’Augusteo con il suo nuovo show di
illusionismo contemporaneo
Servizio di Pino Cotarelli
15 marzo 2014
Servizio di Pino Cotarelli
Napoli - Il più grande
attore-trasformista del mondo torna in Italia con la sua galleria di oltre 350
personaggi e sarà all’Augusteo dal 14 al 23 marzo. In “Brachetti, che
sorpresa!”, Arturo è l’anima del deposito bagagli di un grande aeroporto
internazionale colmo di valigie, casse e bauli di tutto il mondo; un luogo
misterioso e affascinante, pieno di oggetti ricchi di storie. Le valigie hanno molto
da raccontare: dei luoghi visitati, delle persone con cui viaggiano, delle
aspirazioni e dei sogni dei proprietari… Alcune sono state smarrite, altre
cercano di ricongiungersi al loro padrone, altre ancora sono di passaggio. Tutte,
però, hanno una storia unica che in scena prende vita magicamente. Stavolta
Brachetti non è solo. Suoi compagni di avventura sono amici strani, eclettici e
un po’ folli come lui: l’allievo Luca Bono, giovane talento dell’illusionismo
internazionale; Luca&Tino, artisti esilaranti, stralunati e improbabili,
definiti da Le Figaro i “Laurel e Hardy italiani”; e il mago Francesco Scimemi.
Brachetti, com’è nato
questo nuovo spettacolo?
“Innanzitutto dalla
voglia di incontrare di nuovo il pubblico italiano: a parte una breve parentesi
lo scorso anno proprio a Napoli, sono assente dai teatri italiani dalla fine
del 2011. Troppo per me. Dopo qualche mese all’estero ho bisogno di immergermi
di nuovo nella nostra identità nazionale. E poi…”.
E poi?
“ ‘Brachetti che
sorpresa!’ nasce dall’idea di portare, anche in Italia, un nuovo modo di fare
magia: lo show è un varietà di illusionismo contemporaneo, proporrà una magia molto
più dinamica di quella cui siamo abituati. I ritmi sono velocissimi, i numeri
della tradizione sono rivisitati in chiave contemporanea, si usano nuove
tecnologie, come il mapping, che è un uso particolare di proiezioni video”.
Lei ama portare a
Napoli i suoi show.
“Voglio davvero molto
bene a Napoli, che assieme a Parigi è la città che di più mi ha adottato. E credo
sia un amore ricambiato. Ci vengo perché è uno dei pochi posti al mondo che mi
sa sorprendere, e ha un senso dello spettacolo, del gesto teatrale così
radicato e sviluppato che fa dei napoletani il pubblico ideale per cercare
nuovi stimoli e sperimentare progetti. Lo scorso anno proprio a Napoli portai
il prototipo dello spettacolo che oggi è diventato ‘Brachetti che sorpresa!’ “.
Come ha scoperto il
suo talento di trasformista?
“Da ragazzo ero in seminario e, negato per il calcio com’ero, trascorrevo
il tempo nel teatro della scuola. Piano piano guadagnai la fiducia del mio
professore, Don Silvio Mantelli, e mi feci consegnare le chiavi della sala. Don
Silvio era un illusionista. Era noto come il Mago Sales. Mi regalò un libro su
Fregoli svelandomi un mondo: il grande trasformista non aveva lasciato eredi,
la sua arte era tutta da riscoprire e reinventare”.
E che cosa le disse
don Silvio?
“ ‘Non importa avere la vocazione. Importa che tu scopra qual è la tua’.
La mia, lo capii in quel momento, era stare sul palcoscenico e stupire il
pubblico”.
La sua anima
camaleontica le dà serenità nella vita?
“Sicuramente per fare quello che faccio sul palcoscenico (e talvolta
anche nella vita privata) bisogna conoscersi bene: in scena non cambio solo
colore dell’abito ma cambio anima, in pochi secondi e molte volte nella sessa
serata”.
Perché non ha mai
usato il suo talento nel campo della moda?
“In realtà non è mai capitato. Però sono lo stilista dei miei costumi:
c’è molto di mio in ogni abito che indosso; non è solo una questione tecnica, ma
proprio di feeling. Vado io in sartoria a spiegare che cosa voglio e seguo ogni
parte del lavoro. I miei primi costumi li faceva la mia mamma e li conservo
ancora, assieme agli altri 350 e più, tutti in un grande capannone dove ci sono
anche i pezzi delle scenografie e gli attrezzi dei miei spettacoli”.
Quali caratteristiche
devono avere gli artisti che lavorano con te?
“Sicuramente saper
parlare al grande pubblico rivolgendosi a tutti senza tradire la qualità. Penso,
per esempio, a una coppia comica come Luca&Tino, che si sono formati alla
scuola del circo di Mosca e poi sui palcoscenici di mezzo mondo. Un altro
elemento importante è l’applicazione costante: bisogna provare, riprovare, con
pazienza, senza mollare. Un illusionista si allena settimane per un effetto di
pochi secondi di cui il pubblico si accorge appena, ma che è essenziale per la
riuscita del numero. Luca Bono, il mio giovane allievo che è un talento della
magia, si allena ogni giorno per quattro, cinque ore almeno. Alla base di
tutto, dev’esserci, comunque, la passione”.
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