“Improvvisamente, l’estate scorsa” di Tennessee Williams

Al Teatro Bellini di Napoli, sino al 2 marzo
Servizio di Maurizio Vitiello

Napoli - Nel centenario della nascita di Tennessee Williams (26 marzo 1911 – 25 febbraio 1983) Elio De Capitani è tornato di nuovo a lavorare sui testi del grande autore americano, scegliendo Improvvisamente, l’estate scorsa e, per il debutto al Festival dei Due Mondi di Spoleto 2012, il meno rappresentato La discesa di Orfeo.

A quasi vent’anni dall’allestimento del Tram chiamato desiderio con Mariangela Melato (1993), riporta in scena i grandi personaggi di T. Williams di cui è difficile dimenticarsi.

Il perché è detto: esistenze frantumate, anime sconvolte e abbacinate, sempre pervase da una vaga e imprecisata volontà di fuga, dagli altri o da se stessi.

Insomma, T. Williams ha inquadratosi un’umanità dolente, in fuga, in perenne fuga.

De Capitani ambienta Improvvisamente, l’estate scorsa nel giardino-giungla della signora Venable (Cristina Crippa), creazione e lascito di suo figlio Sebastian, morto “improvvisamente, l’estate scorsa”.

Qui un giovane e brillante neurologo (Cristian Giammarini), che sperimenta con successo cure psichiatriche d’avanguardia, riceve dalla ricca signora l’offerta di un congruo finanziamento per l’ospedale pubblico di New Orleans.

Ben presto il giovane medico comprende che la donna vuole qualcosa in cambio: gli chiede di operare sua nipote Catherine Holly (Elena Russo Arman), affetta - a suo parere - da allucinazioni e crisi isteriche incontrollabili.

Le cure d’avanguardia non sono altro che la famigerata lobotomia, ma il medico vuole formulare una diagnosi più scrupolosa prima di praticarla e inizia a sottoporre la paziente a colloqui che indagano l’origine delle crisi.

C’è stato un evento traumatico: Catherine ha assistito alla morte di suo cugino Sebastian durante un viaggio all’estero, ma non ne riesce a ricordare le circostanze, anche se nelle sedute con il dottore emergono via via particolari violenti e scabrosi.

Cosa si nasconde dietro a questa rimozione?

Nessuno della famiglia della ragazza sembra volerlo scoprire: né sua madre Mrs. Holly (Corinna Agustoni), né tanto meno la zia, impegnata con ogni mezzo a erigere un muro di omertà per mantenere immacolata la memoria del figlio.

La storia riverbera le vicende familiari dell’autore, la cui sorella, Rose, fu fatta lobotomizzare per volontà della madre, perdendo ogni capacità di agire in maniera autonoma e finendo rinchiusa in una clinica psichiatrica fino alla morte, all’età di 96 anni.

T. Williams, che non poté mai perdonare la madre per questo orrore, stigmatizzava in modo estremo quel miscuglio di perbenismo, pruderie ipocrita, sessuofobia paranoica che soffocava la società americana.

Il testo non poteva che restare vittima dei movimenti di censura di quei tempi, che costrinsero Gore Vidal, sceneggiatore della celeberrima versione cinematografica, diretta da Joseph Mankiewicz, a rimuovere ogni riferimento all'omosessualità.

“Improvvisamente, l’estate scorsa” di Tennessee Williams, con la traduzione di Masolino d’Amico, per la regia di Elio De Capitani, ospitata al Teatro Bellini di Napoli, sino al 2 marzo 2014, vede le scene di Carlo Sala, i costumi di Ferdinando Bruni, le luci di Nando Frigerio, il suono di Giuseppe Marzoli.

Ecco interpreti e protagonisti: Cristina Crippa - Mrs Venable; Elena Russo Arman - Catherine Holly; Cristian Giammarini - Dottor Cukrowicz; Corinna Agustoni - Mrs Holly; Edoardo Ribatto - George Holly; Sara Borsarelli - Miss Foxhill, sorella Felicity.

E’ una produzione TEATRO DELL'ELFO.

Il pubblico in riverente silenzio, alla prima, ha ascoltato e, poi ha applaudito.

L’autore è stato bravo a riprendere quegli ispessimenti umani che sono di  gusto cecoviano.

L’angosciante background di anime malate, di vittime senza eroismi, senza pietà o compassione rende livida l’intera recitazione.

L’aggressiva regia espressionista di De Capitani entra nelle allucinogene sensazioni mentali dei personaggi, portandole all'esterno e all’estremo.

Le debordanti detonazioni acufeniche dei soggetti sono sigla di una staticità folgorata.

L'orrore, lo sgomento, la giungla di emozioni rapprese e sottese imbarcano la follia sul palcoscenico.

Il linguaggio di Tennessee Williams riesce a definire un'America esteriormente puritana ma corrotta, con ossessioni che realizzano rimandi patologici.

Sulla scena si soffre, si accomodano le ansie, le gravità umane; il pubblico soffre, la finzione vince perché frutto di una realtà non lontana, ingombra di afflizioni, di angosce irrisolte.

 
26 febbraio 2014



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