“Il mercante di Venezia” di Shakespeare al Teatro Ghione

Un immenso Giorgio Albertazzi mette a nudo l'ebreo Shylock rendendolo più umano e compassionevole in uno dei testi più discutibili e discussi del drammaturgo inglese. Fino al 16 febbraio
Servizio di Guerino Caccavale

Roma - Giovedì 30 gennaio è andato in scena al Teatro Ghione (e vi resterà sino al 16 febbraio) “Il mercante di Venezia”, uno dei capolavori di Shakespeare di cui, per l'occasione, Giorgio Albertazzi ha curato la traduzione e la trasposizione sulla scena, ambientandolo a Venezia durante il periodo carnascialesco e riadattando i cinque atti originari in due sostanziose parti. E' la sedicesima volta che Albertazzi, sempre autodefinitosi come uno scrittore che fa teatro, si cimenta in un'opera shakespeariana e la terza nel “Mercante di Venezia”, questa volta diretto dal giovane Giancarlo Marinelli. In questa versione, Albertazzi è l'ebreo Shylock, uomo d'affari che presta denaro a interessi e che si scontra e confronta, sulla scena della Venezia del '600, con il mercante Antonio (interpretato da Sergio Basile) e con la gioventù di Bassanio (Francesco Maccarinelli), Lorenzo (Mario Scerbo), Graziano (Diego Maiello) e la loro amicizia. Tutto nasce da un prestito di 3000 ducati che Shylock concede a Bassanio e a cui servono per poter corteggiare Porzia (impersonata da Stefania Masala), ricca ereditiera che si unirà al primo uomo che sceglierà, fra tre scrigni, quello giusto indicato su volere del padre defunto. Garante del prestito è Antonio, che presta denaro senza interessi proprio perché da buon cristiano qual è, non può comportarsi diversamente. Shylock pretende però, a garanzia del suo credito, una penale quantomeno bizzarra ma congeniale alla sua natura: se Antonio non riuscirà a garantire la solvibilità di Bassanio, Shylock dovrà prendere una libbra della sua carne. Successivamente Antonio cade in disgrazia e Shylock, simbolo della diversità perché ebreo, ha così l'occasione di vendicarsi contro il sentimento comune, che emargina chi è di razza e religione differenti: egli è deciso, irreprensibile e spietato nel rispetto dell'accordo poiché pretende una libbra del corpo di Antonio, precisamente una porzione che sta proprio vicino al cuore. Ma servendosi di un ingegnoso stratagemma, Porzia dimostra davanti al Doge che la penale non è rivendicabile, così il ricco ebreo si ritrova a dover rinunciare alla libbra di carne di Antonio e a recedere dai suoi propositi in quanto se avesse fatto cadere anche e solo una goccia del sangue del mercante veneziano, le sue terre sarebbero andate tutte allo Stato, secondo una legge del tempo. Shylock, che pensava di avere la situazione in pugno, diventa così un cane bastonato, un essere fragile e commiserevole che accetta la sconfitta. Sullo sfondo c'è l'amore non solo tra Bassanio e Porzia, ma anche tra Lorenzo e Jessica (Ivana Lotito), la figlia di Shylock, e tra Nerissa ( Vanina Marini), ancella di Porzia, e Graziano; c'è anche un'altra forma d'amore che è misero e perdente, quello di Shylock per il suo denaro. Sulla scena si avverte una sorta di battaglia tra Shylock e tutto il resto dei personaggi, un duello tra il tramonto della gioventù e la gioventù stessa, tra solitudine e amicizia, introversione e vivacità, apatia e gioia di vivere. L'attenta regia di Marinelli evidenzia la discontinuità di linguaggio dei personaggi: vivace quello dei giovani, dimesso quello dell'usuraio, serioso quello di Antonio, brioso quello di Job (interpretato da una pregevole Cristina Chinaglia), il servo di Shylock. In questa trasposizione “Il mercante di Venezia” è commedia o tragedia a seconda che Shylock sia sulla scena o meno, che sia in gioco la vita di Antonio o che si senta soffiare sul palco il vento dell'amore gioioso. La rappresentazione risente della presenza di Albertazzi/Shylock anche quando il primo attore toscano non sta fisicamente sul palco: tutta la storia ruota, direttamente o indirettamente, intorno al personaggio interpretato da Albertazzi. Vero protagonista a dispetto di colui che nel titolo è presentato come personaggio principale, nella prima parte Shylock, che pure è consapevole della sua condizione di ebreo e del suo avido animo, è un uomo senza pietà che esige il rispetto della penale, nella seconda invece è completamente nudo e mostra la sua debolezza d'animo: il grande merito di Albertazzi è proprio quello di aver fatto sì che il pubblico avverta questo contrasto di stati d'animo nella stessa persona e ne provi compassione, alla fine, quasi mettendosi nei panni di Shylock, emarginato perché ebreo e cercato dalla gente solo per avere un prestito. Albertazzi in fondo permea Shylock di un'umanità passiva; è lui che riceve pietà e non ne dà nemmeno un briciolo quando potrebbe. E così “Il mercante di Venezia” diventa crocevia di temi attualissimi quali l'amore, l'amicizia, il rispetto, l'umiliazione, la ricchezza, il sentimento religioso, l'emarginazione, e ogni spettatore può vedere un pezzo diverso nel puzzle di caratteri che emergono nella rappresentazione. Splendidi costumi (merito di Daniele Gelsi) che si rifanno alla Venezia dell'epoca, un allestimento scenico, curato da Paolo Dore, caratterizzato da un imponente e tipico ponte della città di Venezia, una musica che accompagna in modo dolce le scene d'amore e amicizia e con tonalità più tenebrose la presenza di Shylock o le paure di Antonio e Bassanio, fanno sì che la rappresentazione sia fluida e piacevole e trasmetta nel pubblico il desiderio di conoscere ciò che accadrà appena dopo. Albertazzi/Shylock, nonostante per una volta tanto non stia sulla scena per ore, primeggia su tutti ma allo stesso tempo rende protagonisti un gruppo ben affiatato di giovani attori, molto bravi e preparati, che accanto a lui possono e devono solo imparare, ma per mezzo dei quali lo stesso attore toscano si rimette continuamente in gioco superando, in modo sublime, l'ennesima prova attoriale. Alla fine dieci minuti di meritati applausi e il consiglio, per chi non lo avesse ancora fatto, di non perdere Giorgio Albertazzi / Shylock e il resto del cast.

 
2 febbraio 2014

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