La fotografia : otto allievi e un Maestro. Il Laboratorio Irregolare di Antonio Biasiucci

La mostra Epifanie/03 nell’ambito del Campania Teatro Festival

Servizio di  Rita  Felerico

Napoli -Un tavolo lungo 15metri - disegnato da Giovanni Francesco Fascino- è stato il protagonista indiscusso del LAB (Laboratorio Irregolare), perché, come afferma il Maestro Antonio Biasiucci, è stato spazio/luogo concreto di lavoro, confronto, dialogo per la realizzazione dei progetti; è allo stesso modo protagonista nel corridoio della Cappella di San Tommaso, all’interno del Convento di San Domenico Maggiore, dove è stata allestita la mostra. Il visitatore viene accolto dai giovani allievi, selezionati con grande cura da Biasucci,  che hanno  frequentato per circa tre anni il laboratorio  e le foto in esposizione sono il frutto di questa esperienza. EPIFANIE/03, LAB per un laboratorio irregolare è il titolo dell’evento. Le mura dell’antico Convento nel cuore della città antica, sede di una delle più antiche Università, spazio di insegnamenti e di cultura si è dimostrato essere il luogo più adatto. “Ho desiderato con convinzione che anche in questa edizione del Campania Teatro Festival trovasse cittadinanza l'arte di Antonio Biasiucci e del suo laboratorio irregolare".  – dichiara Ruggero Cappuccio direttore artistico del Campania Teatro Festival – "Una mostra che ha già nel titolo, e in una duplice accezione, il suo manifesto programmatico di rivelazione. Le epifanie di chi, in un'epoca di photoshop ideologici, è capace di interpretare la sfuggente verità del mondo in cui viviamo. Amo inoltre il movimento interiore generoso che vede Biasiucci donare il suo talento ai giovani sostenendone e riconoscendone il valore. La fotografia, come tutta l'arte, dimostra l'esistenza di fatti mai accaduti”. E Antonio Biasucci, ispirandosi allo spirito dei laboratori di  Antonio Neiwiller, il regista che ha segnato indelebilmente la storia teatrale e artistica di Napoli, seppure scomparso presto e giovane, così parla del suo Laboratorio Irregolare: “Fare il Laboratorio significa intraprendere un percorso introspettivo, aiuta a distinguere il fondamentale dall’effimero, ad acquisire una forma mentis e una metodologia che è funzionale alla realizzazione di un portfolio di immagini nate dal confronto con il soggetto scelto. Nel Laboratorio non si privilegia un genere ma, al contrario, si punta alla cancellazione del genere. È privilegiato solo il proprio dire che eventualmente può prevedere più generi per comunicarlo. Aiuta a capire che lo scambio, il confronto, il relazionarsi sono fondamentali per crescere, insegna ad avere il coraggio di presentarsi nudi, con la consapevolezza che è questo l’unico modo possibile”. Le sue parole, sostenute da una grande passione e da una lunga e accurata ricerca professionale, descrivono al meglio LAB che, nel bel catalogo curato da Alessandro Leone, Goffredo Fofi, mai tenero nei giudizi, così inquadra, dando anche un particolare significato alla fotografia: “ Non sono grandi tempi, i nostri, per le arti e la conoscenza (e in generale per la scienza: la ricerca costa e chi può pagarla sa bene quello che vuole). Non sono grandi tempi per una creatività individuale e generazionale. Ed è per questo che esperienze come questa napoletana appaiono così importanti, così necessarie. Anzi, così indispensabili…. La superiorità della fotografia – di questo modo di intendere la fotografia- sta nella sua libertà, nella sua possibilità di fare quel che è dovere d’ogni arte e forma espressiva: di tentare, che altre arti, peraltro le principali, non fanno più. Cercare, tentare, sperimentare. E trovare un’arte necessaria o, addirittura, una nuova luce (e la fotografia è luce) in questi nostri tempi così oscuri”.

Le fotografie degli otto allievi selezionati, sono racchiuse  in otto portfolio-libri da sfogliare, posti sul lungo tavolo di cui si è accennato all’inizio, e ogni lavoro ha una storia e un  titolo:

Paolo Covino  con Altari,  che narra delle proprie origini, memorie in disfacimento;

Cosmi, di Alessandro Gattuso, che ha lavorato  sul tema del genere e dell’identità;

Amalìa, di Valeria Laureano, la quale si ispira a una storia vera, quella della saponificatrice di Correggio, donna serial killer degli inizi del ‘900;

Laura Nemes-Jeles, presente con  Grazia per  affrontare il tema della famiglia;

La Montagna, di Claire Power, evoca la fragilità dell’onnipotenza umana di fronte allo “sterminator Vesevo;

Piena di grazia di Ilaria Sagaria è invece il racconto di una storia dimenticata o mai raccontata, storia di carne, espiazione, paure;

Apnea, di Giuseppe Vitale, nasce dall’esperienza dolorosa della perdita del padre;

infine, con Archèo ,  Tommaso Vitiello indaga il valore delle cose, attraverso storie interrotte di mondi ormai fermi , dei quali restano solo tracce.

La bellezza delle immagini, la forza con la quale infrangono la nostra sensibilità non può lasciare indifferenti; sfogliare i libri / fotografie vuol dire  entrare nelle sfumature dei colori, osservare i moti e le linee delle espressioni, i contorni degli oggetti, la descrizione delle azioni, la poesia che si vuole raccontare.  Non a caso la mostra è stata prorogata fino al 30 agosto, confermando  il valore aggiunto di LAB:  “ogni edizione del ‘laboratorio irregolare’ ha per me un valore immenso di restituzione e condivisione”, ha affermato Biasucci dopo la notizia della proroga. Un valore, quello della condivisione, venuto alla luce già all’interno del Campania Teatro Festival: il catalogo della sezione Letteratura, curata da Silvio Perrella, è stato infatti impreziosito proprio dalle fotografie di questi giovani fotografi. Tutto acquista più senso – ricorda Biasucci menzionando un monologo di Neiwiller – se c’è collaborazione, scambio, intreccio di esperienze e di arte. Nel monologo ricordato, Neiwiller si chiedeva e chiedeva con convinzione: “Nulla ha senso  se sei solo tu a salvarti“. Ci siamo ripromessi con i giovani fotografi di incontrarci dopo la definitiva chiusura della mostra, per uno scambio di opinioni, idee, proposte.  Potrebbe farsi strada – perché no -  una interessante prospettiva di ricerca post laboratorio, una ulteriore epifania.  


backstage laboratorio

 

 



foto  di Alessandro Gattuso

 

 



foto di Valeria Laureano

 



Foto   di Ilaria  Sagaria

 

 

 



E ci siamo ritrovati con i giovani fotografi, disposti a rispondere ad  alcune domande. Una intervista interessante, sincera, che apre alla gioia del confronto, del dialogo fra generazioni, all’importante missione dei linguaggi, al valore del tramandare e della capacità di guardare avanti.  Per questo li ringraziamo.

La mostra doveva chiudere i battenti il 10 luglio scorso, ma il termine è stato prorogato fino a fine agosto. Vi ha colto di sorpresa questa notizia o c’ è un motivo particolare per spiegarla? Raccontate una esperienza fra le più interessanti vissute nell’ambito della mostra.

LAB 03- Sì in effetti, la notizia della proroga della mostra ci ha colto di sorpresa. La mostra ha riscontrato un buon esito fin dall’inizio. L’obbligo di prenotazione e la necessità di consentire l’accesso in maniera contingentata ci spaventavano molto. Pensavamo fossero dei deterrenti per il pubblico e invece siamo rimasti positivamente sorpresi dall’affluenza del primo mese e questo è il motivo per cui siamo riusciti a far prorogare la mostra per altri 30 giorni.

Tutto il periodo di realizzazione, organizzazione e allestimento è stato di grande importanza per ognuno di noi, in quanto abbiamo avuto modo di metterci in gioco in ambiti diversi e per noi completamente nuovi: materiali di allestimento, stampa, progettazione, comunicazione. Un’esperienza stancante ma estremamente formativa.

Il momento più emozionante è stato senza dubbio il giorno dell’opening: finalmente la nostra ricerca, così intima e così a lungo elaborata, veniva mostrata ad un pubblico esterno. Tutto ciò che avevamo costruito insieme negli ultimi tre anni giungeva ad un nuovo fruitore, usciva dalla dimensione intima dello studio di Biasiucci.

Eravamo emozionati, carichi di energie e fortemente uniti.


Che ha significato Epifanie / 03  all’interno  del Campania Teatro  Festival dopo lo studio e il lavoro fatto con il Maestro Biasiucci ?

LAB 03- Il Campania Teatro Festival (e prima il Napoli Teatro Festival) ha sempre nutrito grande stima nei confronti dell’opera di Antonio Biasiucci -la cui formazione non è un caso che provenga proprio dal teatro- e nei confronti del suo Laboratorio Irregolare. Inoltre ha da sempre rivolto una grande attenzione verso i lavori dei giovani fotografi.

Epifanie/03 rappresenta una fine e un inizio al tempo stesso. La fine di un lavoro durato ben tre anni. Tre anni di sacrifici, impegno costante, condivisione, empatia, risate ma anche di sconforto e frustrazione a volte. Rappresenta la fine di un percorso che al tempo stesso è un inizio, in quanto "rivelazione", come il termine stesso "Epifanie" indica. L'inizio di un nuovo approccio alla fotografia, un nuovo metodo, un nuovo sguardo, nuove possibilità.

La mostra è stata la conclusione necessaria di un percorso. Non la parte fondamentale, ma necessaria: il confronto iniziale con il mondo esterno per imparare a guardare il proprio progetto con maggiore distanza, con un occhio esterno, e così approfondirne la conoscenza.

 

La Fotografia, il Fare Fotografia……  in seguito a queste esperienze  se e quanto è mutato il linguaggio della vostra  espressività ?

LAB 03- Il laboratorio ha sicuramente rimodellato il nostro linguaggio fotografico. Il metodo insegnato da Biasiucci si basa sulla scarnificazione dell'immagine e del pensiero, sul ritorno ossessivo sullo stesso soggetto fino ad ottenere qualcosa di essenziale, puro per certi versi.

La costanza, la coerenza con se stessi e il livello di approfondimento sono necessari affinché possa realizzarsi un lavoro il più possibile sincero che possa avvicinarsi a una modalità fotografica in grado di accogliere in sé l'ambiguità e la compresenza di significati.

 

Avete progetti comuni in programma?  e qual ‘ è invece il progetto che ognuno di voi ha in mente - in un immediato futuro- ?

LAB 03- Prima di tutto speriamo sicuramente di far girare il più possibile la mostra Epifanie/03 attraverso festival, gallerie, musei e altro.

A tutti noi piacerebbe collaborare in futuro, sia ad un livello professionale che artistico. Ma al di là di qualsiasi progetto specifico, siamo convinti che continueremo a confrontarci tra di noi sulle nostre ricerche personali. Continueremo ad essere misura uno dell'altro.

Inoltre sarebbe interessante iniziare un nuovo lavoro a più mani, anzi a più occhi. Ci lega una profonda stima e rispetto.

Qualcuno di noi ha in mente già nuovi progetti personali, qualcuno desidera fermarsi e far sedimentare tutto quello che ha assorbito negli ultimi tre anni di laboratorio.

 

Napoli è un territorio difficile?  pensate spesso di ‘fuggire’?

LAB 03- Napoli è un contesto molto complesso, pieno di contraddizioni, che purtroppo spesso ti costringe a scendere a compromessi nell'ambito lavorativo e artistico.

Ma abbiamo enorme fiducia nel futuro di questa città. È proprio la sua profonda contraddittorietà che talvolta la rende estremamente stimolante da un punto di vista creativo.  Difatti si sta sviluppando da diversi anni un fermento artistico composto da giovani che però, purtroppo, spesso non hanno luoghi o destinatari ai quali rivolgersi e ai quali proporsi.

Si necessitano, secondo il nostro parere, delle operazioni concrete di supporto e finanziamento di attività culturali e artistiche giovanili e di un maggior dialogo con musei e luoghi istituzionali.

Operazioni come quella del Laboratorio Irregolare di Antonio Biasiucci sono indispensabili e non solo per la sua valenza artistico-formativa ma anche per la sua profonda importanza sociale. 

Bisognerebbe fare di tutto dunque per dare la possibilità a noi giovani di non scappare via, perché per noi per quanto sia difficile restare lo sarebbe ugualmente fuggire.

Naturalmente sono importantissime le esperienze da fare all’estero, esse servono a fortificarci e a costruire il nostro futuro con menti più aperte. 

 

Un suggerimento per i giovani che amano la fotografia e desiderano lavorare e coltivare la fotografia come linguaggio d'arte.

LAB 03- Quello che ci sentiamo di poter suggerire è di perseguire il loro sogno, la loro passione anche se questo richiede sacrificio. Maggiore sarà il sacrificio, maggiore sarà il risultato. L'importante è credere nel proprio lavoro e dedicargli costantemente tempo e impegno. 

Di non accontentarsi mai, di approfondire sempre. Darsi del tempo per esplorare il soggetto che si è scelto. Avere la possibilità di aprirsi sempre a nuove strade, di farsi sorprendere, di arricchire la propria conoscenza e la propria visione del mondo.

 

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