MALACRESCITA con Mimmo Borrelli
Tratto da “La Madre: ’i figlie so’ piezze ‘i sfaccimma”, testo di
Mimmo Borrelli
Al Teatro Nuovo
da venerdì 10 a domenica 12
gennaio 2020
Servizio di Rita Felerico
Napoli – Considerato uno
dei maggiori drammaturghi italiani, fin da quando si rivelò al Premio Riccione nel 2005
con ‘Nzulrachia, Mimmo Borrelli incarna quello
che è il senso della tragedia oggi; con quel suo linguaggio flegreo, un
dialetto espressione letteraria e popolare, forza rivelatrice di una natura che
raccoglie e parla di una impietosa realtà, fortissima, dura, incuneata nella
carne e nello spirito di chi vive in luoghi che, sopra ogni identificazione,
appartengono a tutti e ad un percorso spirituale di tutti. Truculenti parole, incomprensibili
ai più giungono alla mente e al cuore attraverso l’emozione e il peso del
dolore di cui sono portatrici. Passione, violenza si mescolano a sentimenti di
repulsione e affascinamento, mignoti anche ai più attenti conoscitori di se
stessi.
Il risultato è uno spettacolo /monologo arricchito con grande efficacia
e maestria dalle musiche di Antonio della Ragione, dagli oggetti e dagli
elementi di scena di Luigi Ferrigno, dalle luci di Gennaro Di Colandrea che
sottolineano tutte le pieghe di un testo, cupo - come la vena creatrice di
Borrelli - e allo stesso tempo struggente. Malacrescita
è tratta da un precedente testo dello stesso autore, “La Madre:
’i figlie so’ piezze ‘i sfaccimma” dove si racconta la storia di Maria Sibilla
Ascione, figlia di camorrista e di camorrista innamorata, una Medea
contemporanea, intossicata dalle esalazioni della terra dei fuochi, in cerca di
vendetta; la novella Medea non uccide i figli, due gemelli, ma li rende scemi,
avvinazzandoli invece di allattarli. “Nel
testo originale – così Borrelli in una nota – è la madre sopravvissuta a raccontare. Qui, invece, capovolgiamo il
punto di vista e dunque la drammaturgia della scena, immaginando che tutti i
protagonisti di questa storia siano ormai defunti e gli unici sopravvissuti,
agonisti giullari, diseredati, miserabili, siano proprio i due figli, i due
scemi che dementi rivivono i fatti, rinchiusi tra le pareti di un utero
irrorato di solitudine. L’unico gioco rimane e consiste nel rimbalzarsi, tra
gli spasmi della loro degenerata fantasia, sul precipizio di un improvvisato
altare tombale di bottiglie di pomodori e vino eretto in nome della loro mamma:
’u cunto stesso, la placenta, l’origine della loro malacrescita”. Una
‘cattiva madre’, una matrigna innaturale che lascia e tratta i suoi figli come
rifiuti; da qui il dramma dell’abbandono, la tragedia di una volgare, mostruosa
realtà dove si mescolano simboli, pregiudizi, vuoto esistenziale di una parte
di umanità, più vicina a noi di quanto si possa pensare. Solo lui, Mimmo
Borrelli, può rievocare, urlare,
mormorare una tragedia così, mantenendo sempre alto il livello interpretativo.
Da vedere.
produzione Associazione Culturale Sciaveca
Malacrescita con Mimmo Borrelli
tratto da “La Madre: ’i figlie so’ piezze ‘i sfaccimma”
musiche di scena Antonio Della Ragione
oggetti di scena e spazio scenico Luigi Ferrigno
testo Mimmo Borrelli
oggetti di scena e spazio scenico Luigi Ferrigno
testo Mimmo Borrelli
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