“IL SETTIMO SI RIPOSO’” di Franco Pinelli da Fayad - Regia di Franco Pinelli
Al
Teatro “Mario Scarpetta” di Ponticelli dal 6 al 22 maggio
Servizio
di Antonio Tedesco
Napoli - Si chiude in bellezza, è il caso di
dire, la seconda stagione del “Teatro Mario Scarpetta” di Ponticelli, gestito
dall'Associazione Culturale Partenope, con la messa in scena di un testo poco
frequentato sulle nostre scene, ma che rientra a pieno titolo nella grande
tradizione del teatro comico napoletano, e il cui titolo è Il settimo si riposò , che Franco Pinelli, anche interprete e
regista, ha adattato dalla commedia di
Samy Fayad, noto giornalista della sede RAI di Napoli negli anni
’50, e molto attivo anche come
drammaturgo. L’intreccio mescola classiche situazioni farsesche, basate
sull’equivoco e il malinteso, con audaci incursioni nel teatro dell’assurdo e
qualche spruzzata di “slapstick comedy”. Già la condizione di partenza è quanto
meno singolare. Il protagonista, Antonio Orefice, è un uomo rimasto vedovo che
da più di vent’anni condivide la sua casa con la suocera, oltre che con la
figlia. Inevitabili i contrasti e i dissapori. In questo contesto, e in quella
che si preannunciava come una tranquilla mattinata domenicale, fa irruzione un
pericoloso bandito appena evaso dal carcere e ricercato dalle polizie di mezzo
mondo. L'evento, nella sua paradossale eccezionalità, è la molla che mette in
moto il rocambolesco meccanismo comico. Moltiplicato ed esasperato da una
nutrita schiera di personaggi di contorno, ognuno dei quali portatore di un suo
specifico contributo caratteriale (dal “fesso” che però sa badare bene ai fatti
suoi, all’inguaribile ipocondriaco, all’intervistatrice d’assalto, allo
psichiatra pieno di tic, alla vedova di più mariti fulminati tutti la prima notte
di nozze, e altri ancora). Ma il vero protagonista occulto della pièce, la vera
ossessione di Orefice, è un personaggio che non si vede, e cioè il suo
dirimpettaio che, a condizioni di partenza uguali alle sue, conduce una vita
estremamente brillante e dispendiosa che Orefice, dal canto suo, non può
permettersi. Una sorta di specchio deformante, di cartina al tornasole che fa
emergere risentimenti e frustrazioni dello stesso protagonista. Fino al colpo
di scena finale. Dove, quando tutto sembra essersi sistemato, proprio da questo
invisibile alter ego (una proiezione dei
suoi desideri?) arriverà, per Orefice, la beffa più grande e inaspettata.
Il lavoro teatrale scorre via ben oleato nei
tempi e nei ritmi, requisiti fondamentali, come si sa, per il teatro comico,
ben sostenuti da una compagnia affiatata e di buon livello, dove, oltre alla
sapiente interpretazione di Franco Pinelli, nei panni di Antonio Orefice, e di
Carlo Maratea in quelli del bandito Filippo Capurro, si segnalano per efficacia
e incisività Marina Moscatelli nel ruolo della suocera, Francesca Pia Di
Martino in quello della figlia e Antonio Lippiello che è Gaetano, Il “fesso, ma
non troppo”. Con loro, Mario Di Martino, Patrizia Cosimo, Giovanni Striano,
Emilia Padronaggio e Dante Mazzariello. Ottima accoglienza del fedele pubblico
del teatro “Mario Scarpetta”, per un felice finale di stagione.
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