“LUV …AMORE NON BUTTARTI GIU’ ” tratto da Murray Schisgal regia di Lucio Allocca


Al Teatro Bolivar di Napoli dal 10 al 12 marzo 2017


Servizio di Rita Felerico
 

Una città disegnata sullo sfondo, New York? Ma potrebbe essere anche Londra o Parigi o Roma, un fiume che l’attraversa e un ponte, luogo di incontri, spazio di sentimenti, di amore e di dolore. Accompagnano le scene – ideate da Tiziana Scialò - brani dal sapore ben preciso, come quel somewhere over the rainbow che incornicia tutto un mondo e simbolicamente irrompe nel finale. Notevole, coinvolgente l’abilità di abitare la scena dei protagonisti, Loretta Palo, Rosario D’Angelo e Ettore Nigro a loro agio nei bei costumi di Giovanna Napoletano. Parliamo di Amore non buttarti giù commedia per la regia di Lucio Allocca, riproposta al pubblico dopo circa dieci anni dalla prima rappresentazione. Tratta da Luv, commedia scritta nel 1964 da Murray Schisgal - autore teatrale e sceneggiatore statunitense, vincitore di un Premio Oscar per la sceneggiatura del film Tootsie con Dustin Hoffman- portata al successo a Broodway con la regia di   Mike Nichols. I tre protagonisti cercano “una ragione di vita” che vada a definire la loro schizofrenica realtà, incarnano tre nevrotici personaggi, Harry, Milt ed Ellen, che giocano le combinazioni della vita, l’esperienza dell’infanzia, gli studi in Accademia, i matrimoni e i divorzi, in un alternarsi di situazioni, cercate, costruite, casuali. “Una commedia sospesa tra la ‘Dark Clownerie’ e lo stile di scrittura di Woody Allen – dichiara il regista –che snoda la sua trama in un luogo ‘periferico-metaforico’” luogo, aggiungiamo, che appartiene a qualche spazio della nostra anima nel quale si vanno a identificare gioie e dolori, finzione e realtà. “E’ difficile uccidere un sogno” – dice Hellen, “La voglia di vivere mi abbandona e se ne va” – afferma più volte Harry- “Cerca una ragione di vita” – sostiene nei dialoghi serrati con Harry l’amico di studi Milt – o meglio colui che si dichiara amico- per guidarlo verso scelte che si rivelano strategie personali.
 
L’ironia e la sagacia del testo addolcisce l’amara verità dei personaggi, la loro incapacità di andare a riflettere fino in fondo alle vicende, nonostante i dolori e le ferite che – a quanto pare – non segnano una crescita umana. Siamo così, superficiale per ragioni di sopravvivenza; ma quale sopravvivenza? Nessuno conosce fino in fondo se stesso e ‘gioca’ a recitare in una trama dalla quale pigramente ci facciamo irretire. Bella prova attoriale, un istrionico Ettore Nigro, disinvolto e a pieno nel personaggio sia nei movimenti che nella recitazione; una convincente e ferma Loretta Palo che tratteggia senza sbavature chi è o meglio cosa non è Hellen; un disinvolto, egoistico Milt tratteggiato da Rosario D’Angelo nella sua figura evanescente e allo stesso tempo ingombrante.
 

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