“LE TROIANE“ di Euripide regia Valery Fokin, Nikolay Roshchin traduzione Monica Centanni

Al  Teatro Mercadante di Napoli dal 22 marzo  al 2 aprile 2017 
 

Servizio di  Rita  Felerico
 
Napoli - Il dramma del dolore e della sofferenza che ogni conflitto o guerra trascina con sé attraversa la tragedia di Euripide, e nel confronto dialettico fra vincitori e vinti affida proprio a questi, a Le Troiane condannate alla schiavitù, la capacità di reagire con dignità alle sciagure di cui sono vittime. Ecuba, Cassandra, Andromaca, Corifea danno voce, come simboli viventi nonostante la morte interiore, alla dignità umana che sopravvive ad ogni violenza e sopraffazione, personificata dal comportamento brutale e senza remore dei soldati greci, i vincitori.  Tradotto da Monica Centanni, il testo di Euripide viene reinterpretato - in questa produzione frutto di una collaborazione fra il Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Campania dei Festival, Napoli Teatro Festival Italia e il Teatro Alexandrinsky di San Pietroburgo - dai registi russi  Valery Fokin e Nikolay  Roschin in chiave contemporanea.   Valery Fokin nel 2015 l’avevamo già incontrato, in uno spettacolo proposto dal Mercadante e messo in scena al San Carlo, Liturgia Zero,  ispirato dall’intramontabile testo del 1866 di Dostoevskij, il Giocatore, un affresco delle fragilità e miserie umane. Roschin ha invece raggiunto notorietà interpretando nel 2016 in la Parola di Dio uno studente di liceo nella Russia A high school student becomes convinced that the world has been lost to evil, and begins to challenge the morals and beliefs of the adults around him.di oggi, il quale convinto che il mondo si sia  perso al male  comincia a sfidare  la morale e le credenze degli adulti. 
 
La lettura de Le Troiane dei due maestri russi unisce al pathos della tragedia la dimensione della caricatura, di ciò che non è nelle regole, per descrivere l’atrocità, il cinismo, l’atteggiamento di indifferenza ormai connaturato  che avvolge le vicende contemporanee, guerre,  sopraffazioni, violenze, azioni attoriali  osservate “dall’alto” dall’occhio fisso e impassibile di una telecamera piazzata su una fredda struttura tubolare. Il fracasso, il rumore di ferraglia prodotto dai gesti maldestri, violenti e invasivi dei soldati greci  - bravissimi  nell’interpretarli gli allievi del Teatro Stabile – ruotano  intorno, sopra e accanto al freddo acciaio dei tubi e alla  lunga tavola imbandita, una sorta di invasiva superfetazione  dove vincitori e vinti siedono per brindare alla vittoria, dove si posa il corpo insanguinato di Elena, dove si sdraiano contorte dal dolore le Troiane, dove si consuma la tragedia. Il riallestimento per il palcoscenico del Mercadante – Le Troiane ha debuttato quest’estate nell’anfiteatro di Villa Pausilypon - si deve a Rosario Sparno. L’edizione dello Stabile ha forse reso meno suggestiva la messa in scena che nell’adattamento estivo aveva – grazie al maggiore spazio disponibile – messo in campo jeep e grosse mitragliatrici. Ma la resa emotiva è lo stesso forte.
 
 
La prova di una straordinaria Angela Pagano vede la beniamina del pubblico napoletano esibirsi in un susseguirsi di espressività ed echi vocali che nella loro inferma, tremante tonalità - a tratti segnata da giusta e determinata rabbia -  bene esprimono il dolore e la trasformazione della sofferenza di una donna colpita nella sua femminilità e dignità, all’interno di un dramma che la vuole invece solo semplice vittima. Con fierezza è alla testa delle  altre donne troiane / figure femminili ( la brava Autilia Ranieri nei panni di Cassandra, Cinzia Cordella in quelli di Corifea, Giovanna Di Rauso in quelli di Andromaca, Serena Marziale, Francesca Muoio e le allieve dello Stabile Angela Bertamino e Elisa Guarraggi ) ognuna delle quali  si staglia e si  propone in una simbolica drammatizzazione del dolore. Brava Elena - interpretata da Federica Sandrini – convincente nel suo stillicidio interiore; Leandro Amato (Taltibio) e Antonio Marfella (Menelao), delineano i personaggi lievemente ( per una riduzione della sceneggiatura?). Un cameo la scena che vede il coro di vincitori e vinti (soldati e troiane) intorno ad un pianoforte non proprio intonato che rimanda ad una atmosfera brechtiana. Manca a rendere lo spettacolo più forte nel suo messaggio una regia più armonica che leghi e renda le scene, i gesti dei personaggi e i loro monologhi in un tutto, che come un sasso - e non, invece, innocui sassolini -  venga scagliato all’interno delle nostre anime.
  

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