“IL GIUOCO DELLE PARTI” da Luigi Pirandello – Adattamento di Roberto Valerio, Umberto Orsini, Maurizio Balo' – con Umberto Orsini - regia di Roberto Valerio
al Teatro Mercadante di Napoli dal 13
al 18 dicembre
servizio di Rita Felerico
Napoli - La scena
triangolare, la trasparenza delle pareti, i colori sfumati del grigio, le
immagini in bianco e nero di vecchie fotografie da matrimonio o quella
ingrandita del quadrante di un orologio primo novecento che si intravedono e
occupano, oltre il primo sguardo, il palcoscenico, segnano non solo lo spazio
dell’azione teatrale ma quello mentale, onirico e inconscio dei protagonisti. L’adattamento
scenografico di Maurizio Balò, infatti,
rispecchia non solo le intenzioni della rilettura voluta e pensata da Umberto Orsini e Roberto Valerio, ma è tanto
mirata da renderlo – come lui stesso afferma - coautore del testo stesso : “Predisporre
uno spazio per un’operazione drammaturgica frutto di una riscrittura
del testo è intervento più complesso che quello di dare
meramente corpo a una didascalia; la concezione di questo spazio può
in qualche modo venire in aiuto e talvolta anche condizionare la
riscrittura stessa”.
Umberto Orsini torna
nei panni di Leone Gala – che aveva interpretato nel 1996 al Teatro Eliseo,
diretto allora insieme a Gabriele Lavia e alla Rossella Falk –
offrendocene una particolare
interpretazione nella messa in scena prodotta dalla sua Compagnia: “ Oggi
che certamente sono più anziano, ma direi anche più maturo - ha dichiarato
il celebre attore - mi sono chiesto
con quale sguardo avrei potuto riprendere quella storia e trovarci qualcosa di
trascurato e perciò d’inedito e di nuovo. Così, col mio regista Roberto Valerio
(che proprio con me aveva debuttato come attore in quello spettacolo) ci siamo
posti una domanda: ma questo Leone Gala, che dice di aver capito il gioco,
questo famigerato “gioco della vita” lo aveva poi veramente capito?” .
Se non c’è una
risposta netta alla domanda, attraversa però tutta la trama su cui si
gioca il dramma dei personaggi, la
certezza che Leone Gala ne ha perlomeno
consapevolezza, tanto quanto basta per decidere di non farsi irretire nei
sentimenti della vita, per crearsi quello scudo di difesa che lo renda imperturbabile
e indifferente agli accadimenti, teso solo ad osservare ciò che succede senza
intervenire, facendo attenzione al modo con cui potersi procurare accuratamente
ogni strumento o occasione di protezione.
Questo
atteggiamento di salvezza, più presunta
che reale, teso a preservarlo dai dolori,
si inficia così di una parallela pazzia, resa tristemente visibile dal colore diverso dei calzini
indossati, dalla sciatteria degli abiti,
dalla distratta cura che pone
nelle passioni che lo animano qua e là,come quella per la buona cucina - vedi la
frittata fatta impazzire e poi gettata
in terra - o dall’ossessivo parlare di
ciò che rimane in lui dell’immagine
della moglie.
Tratta dalla novella
Quando si è capito il giuoco del
1913, la commedia che Pirandello scrisse quattro anni dopo rispecchia una
moralità borghese cristallizzata nei pregiudizi e nelle formalità, un mancato
rispetto per la dignità umana
all’interno delle relazioni , quella
carica di rancore che invischia e deturpa i sentimenti fino a portare alla luce
tutto il negativo di ognuno. Nella lettura che Orsini e Valerio propongono
tutto questo è presente, ma a prevalere è l’ amara sconfitta con cui Leone dovrà fare i conti, il crudo redde
rationem : per quanto ci si possa difendere, per quanto ci si possa
estraniare, non possiamo sottrarci non tanto al destino ma a tutte le vite che
incrociano e intersecano la nostra .
Ogni personaggio,
cioè ogni altra vita che incontriamo, ha
le sue ragioni da esprimere, le sue verità
da porre in campo; ci si può
rendere estranei ma ci sono dei limiti ,
si è in gioco comunque e la verità non è mai oggettiva, frutto del semplice
scatto causa/effetto. Questo è il ritmo sottile con cui si muovono gli
interpreti, soprattutto i principali. Silia – una brava e convincente Alvia Reale-, la moglie che non ha “mai
provato il gusto di essere donna “ o quello della libertà che le si
concedeva così facilmente, perché non è
riuscita mai a trasgredire veramente, mai a liberarsi della presenza del marito
, ”tu poi ci sei sempre” dichiara; Guido Venanzi, l’amante e rivale nei
cui panni si cala un carnalissimo Totò Onnis che va incontro al suo destino soccombendo, pur di non trasgredire – al contrario di
Silia - al sotteso “patto” , al
ruolo sociale, “che è e si rivela poi una prigione “; e Leone,
un intramontabile nel suo aplomb Umberto Orsini, nella cui follia si scatena il
senso di colpa per un assassinio, compiuto non con le proprie mani, ma indotto
e provocato.
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