IN NOME DEL PADRE di e con Mario Perrotta, regia di Mario Perrotta, consulenza alla drammaturgia Massimo Recalcati
Al Teatro Piccolo Bellini di Napoli dal 3
al 9 febbraio 2020
Servizio di Rita Felerico
Napoli – “Erano dieci anni che mancavo da
Napoli e sono felice di tornare con questo spettacolo”. Mario Perrotta
autore, regista e interprete, si confida fuori dal camerino, con alcuni
spettatori venuti a cercarlo per esprimere son sincerità i loro complimenti,
ancora in affanno e sudato. Una prova impegnativa, un monologo di circa 80 minuti, difficile e per il testo complesso e ricco linguisticamente e per
l’interpretazione. Calarsi in tre ruoli differenti di padri, diversi per
carattere, per espressività, nel breve spazio di un monologo, che risulta dal
ritmo serrato, godibile e affascinante. I registri dei protagonisti dovevano
mutare nel giro di pochi secondi su una scena abitata solo da tre sculture in
ferro distanziate da pochi oggetti: una chitarra, una cassa e con il solo
indossare giacche diseguali, nel giro di pochi secondi per calarsi nei
personaggi. Usa più dialetti, il napoletano, il siciliano, il padano,
dimostrando che il tema affrontato non ha confini e appartiene a tutti gli
ambienti di una società ormai indefinita, incerta, in preda alla violenza, allo
sconfinamento dei ruoli, delle certezze. “I figli adolescenti sono gli
interlocutori disconnessi di altrettanti dialoghi mancanti, l’orizzonte comune
dei tre padri, che a forza di sbattere i denti sullo stesso muro, si ritrovano
nudi, con le labbra rotte, circondati da silenzio. E forse proprio nel silenzio
potranno trovare cittadinanza le ragioni dei figli”, scrive nelle sue note
di regia Perrotta. Sulla scia di quanto affermato e dimostrato nei suoi scritti
da Massimo Recalcati, ovvero una amara realtà, la concreta scomparsa della
figura paterna della quale comunque non si può fare a meno: “Emanciparsi
davvero dal padre non significa rigettarne l’esistenza. Per fare a meno del
padre [……] bisogna sapersene servire. Il rifiuto del padre in quanto tale,
incatena per sempre al padre; l’odio non libera, ma vincola per l’eternità,
genera solo mostri, costruisce il dispiegamento della vita“. Scrive
Recalcati ne Il complesso di Telemaco. E spunti di riflessione da dare
agli spettatori, Mario Perrotta ne dona insieme al testo, colto ma fruibile, ad
una mirabile forte resistenza fisica, ad un grande desiderio di condividere
sulle assi del palcoscenico – perché il teatro è specchio di vita – uno dei più
grandi disagi della nostra epoca.
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