“ANIME SCALZE “ Maram Al Masri tra parole e musica

Drammaturgia Danilo Macrì, regia, voce narrante Sara Bertelà, voce recitante, cantante e musicista Elisabetta Mazzullo, voce recitante in arabo, cantante Mirna Kassis 
Palazzo Cellamare, Napoli  29 -  30 giugno  per il Napoli Teatro Festival Italia


Servizio di  Rita  Felerico

 
Napoli – E’ bravo Danilo Macrì nello scavare fra le parole di Maram  e senza scomporre il suo sentire cercarne la cifra teatrale che esalti la poesia;  scrive:  “Diventare l’Altro,parlare di un cittadino ordinario che diventa straordinario grazie ai suoi sentimenti; questa è la virtù della poesia: trasformare i lettori  in esseri straordinari”, e trasformare gli spettatori in poeti viaggianti. Bravo anche  Salah nel non invadere la scena con la musica, resa parte integrante del ritmo della messa in scena e del tono linguistico; brave,infine, le protagoniste che si muovono con padronanza in uno spazio scenico inusuale, ma che non ha avuto bisogno di nulla, se non di un magistrale gioco di luci, per essere affascinante e coinvolgente. I portali, la scala, l’androne di uno dei più antichi palazzi napoletani, il porfido e il bianco nei quali si respira storia, intrisi di vicende umane erano già scena. Sara Bertelà, Mirna Kassis e Elisabetta Mazzullo le donne protagoniste. Sara senza sbavature interpreta e incarna i sentimenti della poeta; Mirna – mezzosoprano – con più passionalità rivela le sue origini e l’amore per la poesia arcaica; Elisabetta dona voce al lato più inquieto della ricerca e del percorso personale di Maram. Pochi gli oggetti, usati con intelligente metafora, ben calibrato il gioco delle ombre che si riflettono sulle scale e sulle pareti; tutto rende possibile allo spettatore quel lasciarsi condurre per mano, fin dentro la verità della poesia, fin dentro l’anima scalza di Maram.
Perché la poesia? pur racchiudendo nel cuore il dolore straziante per le migliaia di bambini morti e annientati dalla guerra, per una patria, la Siria,  devastata dall’odio e dal rancore, per la struggente nostalgia di un impossibile ritorno, per le sconfitte di donna e di madre che ancora bruciano i pensieri e l’anima, Maram Al Masri sceglie la parola poetica per dire la sua indignazione, per denunciare lo stato dei fatti, per raccontare delle donne violentate, degli uomini privati della loro umanità. Maram crede che la poesia – linguaggio che nel mondo arabo è storicamente connaturato alla vita e al modo di abitare il mondo – possa essere,in piena civiltà digitale, rivoluzionaria e fondamentale strumento di cambiamento. Del resto le cosiddette rivoluzioni dei gelsomini, le rivolte che hanno toccato e toccano le civiltà orientali sono sempre state  accompagnate dai versi di grandi poeti; la parola ha il suo peso e la parola poetica è l’unica a svelare e a mettere a nudo ciò che si è, ciò che è.  Come può la poesia giustificare la propria esistenza e testimoniare la propria nobiltà se non si unisce alle lotte dell’umanità? Si legge nella seconda di copertina di uno splendido libro di Maram ,Arriva nuda la libertà, a sottolineare  la capacità e la forza della parola poetica, il suo mettere a nudo,appunto,le verità, la sua ricerca di senso, la sua capacità profetica e al tempo stesso realisticamente lucida nell’analizzare i ‘fatti’. La voce di dodicimila esiliati è anche quella di Maram che, nonostante tutto, non si affievolisce nel ribadire il diritto alla libertà rivendicato dai siriani, il diritto all’amare: noi, gli esiliati, soffriamo di una malattia incurabile: l’amore per una patria condannata a morte, scrive. E il linguaggio di Maram scevro da manierismi, da inutili sovrabbondanze di metafore o simbolismi,  semplice, preciso, descrittivo  è capace così di scavare fin dentro l’anima, di mettere anzi a nudo le molteplici anime che si nascondono in ognuno di noi . Un problema di ‘identità’ che la poeta vive sulla sua pelle;  Maram è lontano dalla sua patria da 32 anni, non ha passaporto, non può tornare e deve la sua esistenza a Parigi, alla Francia. Una scissione che non le ha però impedito d’amare, di coltivare la bellezza delle piccole cose che rendono il nostro essere al mondo ‘vivibile’, di essere se stessa. Non ha mai smesso di parlare d’amore, di andare incontro all’Altro per scoprirlo, conoscerlo e per scoprirsi, conoscersi. Anime scalze sono versi frutto di un’esperienza dell’osservare i mondo attraverso lo sguardo delle donne, sono le madri,le mogli, le figlie, le donne della guerra e dei pregiudizi ancora non superati, sono le vittime dei soprusi, intesi in ogni modo.  Sono le anime silenziose, mutilate nella voce dalla violenza subita  nell’attraversare gli spazi, le città, i luoghi, le pareti sacre, gli affetti. Maram le rende di nuovo sonanti nel raccontare del loro diritto alla libertà, del loro desiderio di sciogliersi dai lacci di un potere soffocante, subdolo, strisciante. Sono le storie di Myriam, madame Charles, Anne, Jocelyne e tante altre che la teatralità/quotidiana, pacata delle interpreti denuncia con convinta immedesimazione, dando spazio al coraggio del raccontare verità di femminicidi/specchio di tante facce di una realtà che spesso non viene neppure considerata, sintomo di un malessere, di un disagio antico che tiene ben stretto il nodo di quello che deve apparire ineluttabile destino. Maram e con lei Sara, Mirna ed Elisabetta denunciano  le bugie dei pensieri, con dolcezza, ma  con fermezza e lucida volontà,  suggerendoci con la parola poetica l’agire :un giorno mi sono fatta coraggio e gli ho risposto : “ no, non mi vergogno, perché dovrei vergognarmi di essere donna? Sì sono una donna come tutte le donne…, Anime Scalze.

 

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