“La misteriosa scomparsa di W”- di Stefano Benni - regia di Giorgio Gallione

Con Ambra Angiolini   

Al Teatro Nuovo di Napoli dal 18  al 22 marzo

Servizio di Francesco Gaudiosi

Napoli- “Avete visto come sono squilibrata, voglion cambiarmi i pezzi, e, dio calmadon, non voglio andare con loro: ti cambiano tutto, anche l’ombra. E’ stato calcolato che col calmadon che ho preso si potrebbe far dormire per una settimana tutto il Benelux: Belgio, Olanda e Lussemburgo; si potrebbero rincoglionire per tutta la vita sei, dico sei, elefanti indiani con annesso guidatore.” “V” è così, problematica donna protagonista dello spettacolo, figura misteriosa e disperata, insoddisfatta nella sua vita perché alla ricerca di “W”, ossia del suo completamento. E’ così che questa insolita figura si presenta al pubblico su una scenografia (firmata da Guido Fiorato) ermetica ma trasparente, bianca come il suo vestito ma piena di led multi color e di coniglietti bianchi, dolce e macabra al tempo stesso.
Ambra Angiolini riesce a conferire al personaggio di “V” una caratterizzazione lineare e completa, esalando la spensierata follia di una donna che soffre continuamente di crisi d’identità, di slanci emotivi, di paradossali disperazioni e di una sconfinata angoscia figlia del male interiore che “V” prova invano a celare. Nella prova dell’attrice romana si vede una preparazione del personaggio notevole, ciò anche grazie alla regia di Giorgio Gallione, che ha dimostrato la sua capacità a mettere in scena drammaturgie che portano la firma di autori contemporanei.

Gallione riesce ad inserire musiche solo dove ve ne è davvero il bisogno, cambia luci solo se espressamente necessario, senza mai strafare: tutto viene lasciato nelle attente mani dell’Angiolini che si districa sorprendentemente in un monologo lungo un’ora e mezza (e scardinando inoltre la ben radicata ipotesi che gli attori che provengono dal cinema non possono fare teatro allo stesso modo in cui quelli di teatro fanno cinema).
Chapeau quindi all’Angiolini e a Gallione che riescono a mettere in scena un complicatissimo testo di Stefano Benni. Le drammaturgie firmate da questo autore sono sempre al limite tra il paradossale ed il reale; nello stesso stile di scrittura (e quindi recitativo) dei suoi testi si corre il rischio di non comprendere mai dove finisce lo scherzo ed inizia il serio, dove si finisce di giocare con la parola e si inizia a guardare in faccia la disperazione dei  personaggi. Benni usa ingredienti drammaturgici che potrebbero essere ricollegati al teatro beckettiano, nel senso buono e cattivo dell’aggettivo: se da una parte i testi sono permeanti di realtà, di disperazione, di sofferenza, raccontando la vita di perdenti disillusi delle loro stesse esistenze, dall’altra queste stesse drammaturgie seguono un fil rouge tutto proprio,  estraniandosi dai  tipici canoni del teatro per così dire “classico”, con un inizio, uno svolgimento ed una fine. Tutto è atemporalizzato, “V” cerca il suo completamento disperatamente, allo stesso modo in cui Vladimiro ed Estragone aspettano Godot, tutto è lasciato ad un meta-pensiero dello spettatore che deve attivamente cogliere, interpretare e vivere il racconto che si snoda sulla scena, il dramma che gli stessi personaggi quotidianamente affrontano.

Non resta quindi che congratularsi nuovamente con la Angiolini per il suo one (wo)men show che è stato alla ricerca del suo “W” al Nuovo di Napoli fino a domenica 22 marzo.

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