La ‘cosa ‘ di Putéca Celidònia, sapore di teatro

Servizio di Rita Felerico

La ‘cosa’ che Putéca Celidònia ha saputo ideare con Salvatore, Giuseppe, Sara, Antonio  e Salvatore (lo chiameremo 2), giovani reclusi all’interno dell’Istituto Penale per minorenni di Nisida, è stato molto più che un momento di teatro. Dalla terrazza  del Ceus (Centro Europeo di Studi sulla devianza   minorile in Europa), che trova spazio all’interno del complesso penale,  immersa nel verde e protesa con un  panorama mozzafiato verso Procida e Ischia,  è accaduto un incontro che ha coinvolto non solo l’emozione, il gusto della costruzione della scena teatrale, ma ha messo in gioco la capacità di ognuno di noi di entrare nel cuore e nella mente di quei giovani ragazzi. E tutto  grazie  all’aiuto di Putéca, del lavoro –  immaginiamo  intenso e certo non facilissimo – che insieme ai ragazzi ha svolto lungo mesi (tutto sommato non tantissimi, se si pensa al risultato) sia  per la stesura del  testo che per portarli a muoversi correttamente e con la loro ‘personalità’ in quel magico attraversare lo spazio di un palcoscenico che è il recitare, palcoscenico in questo caso  senza struttura, in costruzione  e  decostruzione fantastica ogni volta che le battute o i monologhi si susseguivano per dare ritmo al racconto, anzi ai racconti. Tutto ben coordinato.

I momenti di coralità e dei singoli monologhi - cadenzati da una scelta di brani musicali in armonia con i testi e i gesti- si sono alternati per trasportare la sensibilità e l’attenzione degli spettatori all’interno di un tema, la cosmogonia, scelto insieme ai giovani reclusi - tengono a sottolineare gli attori di Putéca-  non imposto, con lo scopo di portare fuori tutta una serie di parole e immagini dalla loro libera fantasia, che segnano il cammino di pensieri ma soprattutto di un mondo inconscio, simbolo di passati traumi e di futuri progetti di vita. 

T’Appò Munno?! è il titolo della ‘cosa’, una rappresentazione venuta alla luce lunedì 3 maggio 2021 come un grido e un invito all’ascolto, monito per poter meglio scegliere le azioni al fine di tracciare un futuro meno oscuro per i giovani reclusi e per chi sta dall’altra parte. La ‘cosa’ così definita nel prologo – recitato da tutti gli attori di Putéca – sarà poi infatti nelle mani di tutti coloro che stanno dalla parte opposta del palcoscenico, quelli che guardano: forze dell’ordine, Prefetto, giornalisti, rappresentanti di importanti Enti culturali, artisti. A questo pubblico ‘eletto’ (formato da pochi, non solo per le regole della pandemia ma per le giuste restrizioni del Ministero di Grazia e Giustizia) che guarda, è affidato il compito di ‘continuare’ l’eco di T’Appò Munno?!, non basta lo spazio di una mattina, occorre insistere con proposte di formazione e di investimento sociale, è necessario diffondere il messaggio, anche in altri luoghi.  

E’ solo così che i vari monologhi, quello delle ferite e delle lacrime di Sara, che si tramutano in colline, in torrenti e acque non solo marine, del pallone supersantos di Giuseppe, che scoppia per creare un mondo illusorio di felicità, delle stelle ‘scostumate’ di Salvatore, che con i loro escrementi non riescono a rendere  piena luce al nostro bel mondo e dell’esplosione di pop corn uscita fuori in modo incontinente per un momento di felicità di Antonio e dei leoni in gabbia pieni di domande di Salvatore2, possono divenire, da storie incredibili, sorprendenti  testimonianze delle innumerevoli possibilità  di dialogo e di recupero fra due mondi, quello loro e il nostro,  che pur camminando su binari paralleli, trovano nei nodi di scambio le giuste relazioni per il cambiamento. Auguriamoci allora che T’Appò Munno?! possa divenire uno slogan virale; il direttore dell’Istituto Gianluca Guida ne ha indicato la via, ricordando che lo spettacolo frutto del laboratorio teatrale di Putéca Celidònia è introdotto da una pièce musicale di strumenti a percussione frutto del laboratorio di musica tenuto sempre all’interno dell’Istituto: questo è il nostro cuore, hanno esordito i giovani musicisti. La locandina stessa dello spettacolo è stata ideata da una ragazza reclusa. A pochi metri di distanza e poche ore prima è stato inaugurato un campo regolamentare di Calcio a 5, con annessi spogliatoi, progetto realizzato nell’ambito del Piano Azione Giovani “Sicurezza e Legalità” – Linea di Intervento 1 “Sport e Legalità” del Ministero dell’Interno – Dipartimento Pubblica sicurezza, che ha come obiettivo la diffusione del rispetto delle regole e del fair play, dell’osservanza della disciplina e dell’adozione di comportamenti improntati alla legalità tra i giovani attraverso la pratica dello sport.

Allora le domande che alla fine della rappresentazione pongono e si pongono i giovani ‘attori’ - ‘O mu’, me siente? Ma t’appò? Ma comme te vene ‘e sta accussì? Tu ca sì nato ‘a nu centinaro ‘e coppie ‘e stelle ca favevano l’ammore senza fa rummore… me siente munno? Ma che fine hè fatto? Addò so’ fernute chille amanti? Addò è fernuto chell’ammore?-  non sono solo semplice richiesta di aiuto, un riflettere sullo ‘stato dell’arte’, ma un invito a ripensare molto sui comportamenti e sulle responsabilità politiche ed etiche di ognuno di noi, come cittadini e come persone. Un progetto quello di Putéca Celidònia che richiede particolare attenzione, guardarlo non solo da un punto di vista ‘tecnico’, di capacità professionali e formative, di sicuro livello, ma come tessera ed esempio per nuovi percorsi teatrali, formati perché no dall’esperienza pandemica e dall’ insegnamento del senso della classicità del linguaggio del teatro, che lo vuole battito di vita e di desiderio sempre in movimento, polisemico e corale.

Drammaturgia Emanuele –scritto con la collaborazione e la fantasia dei ragazzi di Nisida

Regia   Marialuisa, Emanuele, Dario

Con le ragazze e i ragazzi di Nisida

Costumi Giuseppe e Mariacarmen

Musiche Tommy

Organizzazione Clara, Teresa

Responsabile formazione Raimonda

Comunicazione Umberto

Grafica Saya Hetfield

 

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