“Tragodia – Il canto del capro” di e con Emanuele D’Errico regia di Ettore Nigro

Teatro Elicantropo di Napoli dal 14 al 17 dicembre 2017
 

Servizio di Rita Felerico
 

Napoli - Sorprendente Emanuele, come attore, come autore, e bravissimo nel saper controllare, sostenere ad un livello sempre alto di prestazione un monologo piacevole, ironico, ma non certo facile, perché per essere spettacolo ha bisogno di un’attenzione del pubblico viva e costante. L’avvolgente atmosfera dell’Elicantropo, adatta ad accogliere e trasportare gli spettatori  come in un antico logeion, aderisce al fare recitativo di Emanuele, che si muove nello spazio/palcoscenico abitandolo con i suoi guizzi da giullare, con mosse repentine, con il movimento degli sguardi, con un volto che si identifica, si sposta, indossando probabili maschere /animali, personaggi, come lui, in cerca di senso.  Il corpo si trasforma nel mentre dei gesti e dei suoni della parola man mano che la vicenda prende spessore e penetra come una freccia fendendo la platea,  quasi a  tentare di strappare dal loro posto ‘sicuro’ i testimoni  stupefatti della sua storia.
Possono gli avvenimenti che si susseguono improvvisi, inaspettati, in poche ore cambiare per sempre l'esistenza di una persona?  Sì, ed è esattamente quello che succede al protagonista, Guglielmo Belati. Le circostanze lo portano verso l’affetto e poi l’amore per una capra, amore disinteressato, permeato di infantile innocenza, ma che muterà per sempre la sua esistenza. Guglielmo si narra  con la meraviglia di chi non conosce o prevede cosa accadrà,  con la curiosa voglia di andare incontro all’ignoto, all’imprevisto per sapere dove vogliono condurre gli eventi dovuti al caso, eventi che cadono nell’anima  come deus ex machina, che rimettono di volta in volta in gioco le certezze.
E temi come la colpa, l'inganno, la paura, il coraggio di osare e aprirsi al diverso, il  fascino del mistero assumono colorazioni  quasi dostoevskiane, conducono ad un ancestrale richiamo interiore, ad un cammino ‘segnato’ nel  ritratto di Guglielmo adulto che, dopo il superamento della linea d'ombra, sembra possedere un  ineluttabile destino: si trasformerà in animale.
Tutta la vicenda è narrata e concentrata su due poli: l'intreccio serratissimo della trama, colmo di colpi di scena e la lettura dell'interiorità del protagonista. Tutti gli altri personaggi, sempre in sembianze animali, fungono da cartina di tornasole al servizio dell’analisi psicologica di Guglielmo. Rivive nella messa in scena il teatro dell’assurdo, la chiave interpretativa di una visione patafisica del mondo, ovvero ironica, paradossale, che si snoda sul filo delle eccezioni usando espressioni, paragoni che non disdegnano il nonsense.
Si richiama al patafisico perché qui l’umorismo e l’ironia, contenuti nella satira e nel grottesco, propongono una riflessione profonda sui linguaggi, nella convinzione che possano trascrivere una visione altra e parallela dell’esistenza. Ridere e riflettere. Infatti la parola, la recitazione di Emanuele possono essere interpretate – richiamando Gilles Deleuze – come una strategia possibile contro il sistema iperrealista della realtà, non molto lontana dalla Tragodia.  Tragodia è l'etimologia della parola tragedia, è l'unione delle parole greche trágos, capro, agnello e á(i)dô, io canto, cioè "canto del capro". Si ritorna alla suggestione iniziale, al logeion, al ricordo dei riti dionisiaci; il capro era animale sacro a Dioniso e durante i baccanali gli era sacrificato un capretto. Il corpo degli attori si modificava, a cominciare dalla voce belante.
Si potrebbe pensare anche ad  una ulteriore interpretazione della parola tragedia, quella che la fa risalire ad una radice tar che significa letteralmente trapassare, penetrare ed in senso lato, ferire uccidere, il significato stesso della tragedia , sia che la si voglia riferire ai grandi,da Eschilo a Sofocle fino a  Euripide, sia che si voglia ricordare  le originarie rappresentazioni e quindi pensare ai dionisiaci riti che toccano l’inconscio, il lato oscuro racchiuso dentro di noi , l’ombra della quale parlare, da  affrontare e non ignorare, come ha voluto ricordarci Emanuele.
Regia  e disegno luci   Ettore Nigro
Assistente regista Rebecca Furfaro
Scene Armando Alovisi
Costumi Francesca Del Monaco
Musiche Mario Autore
Grafica Francesco Palumbo
Collaborazione : Danza Flux e Clara Bocchino
 
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