RICHARD II di William Shakespeare con la regia di Peter Stein


Al Teatro Mercadante di Napoli dal 5 al 10 dicembre 2017

Servizio di Rita Felerico
 

Napoli - “Questo corpo che fa da scudo alla nostra vita”; la battuta pronunciata da re Richard II, un sovrano legittimo deposto e spinto alla deposizione dalla sete di potere di rivali e usurpatori nascosti anche nelle pieghe della famiglia, colpisce particolarmente. Il testo del dramma shakespeariano tradotto con fedeltà da Alessandro Serpieri, risuona dal proscenio all’interno della platea con linguaggio essenziale, scabro e il re - interpretato dalla bravissima Maddalena Crippa – con toni bassi e modulati da un ritmo sincopato che sembra venir fuori dalle viscere, ci narra del suo doloroso rapporto con l’esistere. Il corpo e la vita, la materia e l’essenza. Che senso ha l’esistenza? perché vivere? È inutile? E’ nel malinconico monologo finale che Richard svela il suo vero volto e quello di un potere ormai risucchiato dal modo di essere e imporsi del male, ripiegato su se stesso in maniera arbitraria, quasi ostile a se stesso e penetrante senza protezione alcuna anche per chi lo compie. Rimane il corpo a fare scudo, appunto; ma a cosa? a proteggere dal dolore che potrebbe procurare una scelta più responsabile e ‘civile’, che tenga conto dell’Altro e dei doveri a cui un re è chiamato, un corpo che Richard e gli altri ‘vivono’ sconfinandone i limiti, usufruendone per imporre una spiegazione del ‘potere’ che si conforma e conferma un potere per il ‘potere’, soprattutto favorendone un “cattivo uso”.
Il regista tedesco, Peter Stein, ottant’anni e una scia di successo di pubblico e critica, uno tra i più importanti artefici del teatro tedesco ed europeo nella seconda metà del Novecento, gioca appunto su questa legittimità o illegittimità del potere e in alcuni momenti con ironia – come nel gioco dei guanti usati come simbolo di sfida fra le opposte fazioni – ne sottolinea  la vanità;  la verità che si impone è quella di un gioco per il gioco che nulla ha a che fare con l’astuzia del potere necessaria alla sua gestione, con il significato del potere e sugli effetti che procura nel sociale a prescindere da ogni ideale o valore. Il riferimento alla politica dell’oggi è scontato e voluto.
Geometrica ed essenziale la scenografia e i costumi di Anna Maria Heinreich: con i colori identifica i gruppi contrapposti che si contengono il regno; essenziale è anche il commento musicale, affidato in maniera predominante al suono basso delle percussioni, con il quale si dipana la storia.
Intenso il monologo di Paolo Graziosi, a raccontare di una Inghilterra corrotta, svenduta, malata e interessante il movimento delle luci sui toni del bianco e del nero, molto intimi ma quasi freddamente violenti nella complessiva messa in scena.
Gli spettatori poco inclini a seguire attentamente la ‘parola’, il teatro della parola, senza grandi spettacolarità e guizzi potrebbero restare alquanto delusi e lasciare la sala prima della fine, non apprezzando il rigore classico della complessiva chiave interpretativa.
Oltre a Maddalena Crippa, sono presenti Alessandro Averone, Gianluigi Fogacci, Paolo Graziosi, Andrea Nicolini, Graziano Piazza, Almerica Schiavo, Giovanni Visentin, Marco De Gaudio, Vincenzo Giordano, Luca Iervolino, Giovanni Longhin, Michele Maccaroni, Domenico Macrì, Laurence Mazzoni. Le scene sono di Ferdinand Woegerbauer, i costumi di Anna Maria Heinreich e le luci di Roberto Innocenti.
 
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