“GIULIO CESARE” di William Shakespeare - regia di Alex Rigola
Al Teatro Mercadante di Napoli dall'8 al 19
febbraio
Servizio di Andrea Fiorillo
Napoli
- Al Teatro
Mercadante di Napoli, dall’8 al 19 febbraio, è in scena Giulio Cesare,
prodotto dal Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, in occasione del
400° anniversario della morte di Shakespeare.
Nella traduzione di Sergio Perosa, con la regia
dello spagnolo Àlex Rigola, ex direttore della Biennale Teatro di Venezia, è
stato lo spettacolo inaugurale del 68° Festival shakespeariano di Verona della
scorsa estate, ed hanno contribuito alla messinscena Max Glaenzel per lo spazio scenico,
Nao Albet per le musiche, Carlos Marquerie per il disegno luci e
Silvia Delagneau per i costumi.
Scritto da William Shakespeare nel 1599, il
testo si concentra sulla tragedia personale di Cesare, che politicamente
all’apice del successo, verrà ucciso nella famosa congiura delle Idii di Marzo,
creando un vuoto politico e sociale che porterà ad un guerra civile lunga e
sanguinosa.
Un conflitto dal quale non si può assolutamente
prescindere se ci si avvicina a questo testo, ed uno scontro che nella regia di
Rigola appare chiarissimo e attualizzato sin dal momento iniziale con due
immagini di forte impatto: Barack Obama, che, da presidente in carica
degli Stati Uniti, segue in diretta la cattura e l’uccisone di Osama Bin Laden,
seguita dalla fotografia del piccolo Aylan riverso sulla spiaggia di Bodrum
dopo l’ennesima tragedia dell’emigrazione. Ed è qui che lo spettatore ci pone
la prima domanda: perché? C’è davvero bisogno di aggiungere alla lingua
shakespeariana tutto ciò? C’è davvero bisogno di “preparare” lo spettatore al
fatto che si usi violenza per mantenere “l’ordine prestabilito”? Questo assunto
iniziale determina la totale assenza di sorpresa che il teatro dovrebbe
regalare, e crea quella sensazione di noia che accompagna lo spettatore durante
l’intero spettacolo.
A queste domande cerca di dare una risposta il Giulio
Cesare del regista catalano, partendo dall'assunto che muove la vicenda
stessa del testo teatrale: è veramente necessaria la morte di Cesare, perchè a
Roma possa sopravvivere la Repubblica? L’idea viene sviluppata con coerenza nel
corso di quello che è il testo più politico dell’intero corpus shakespeariano,
dove le parole spesso si sostituiscono alla violenza, diventando azione, una
retorica che convince e seduce. Questa retorica risuonerà nella testa di Bruto
che si lascerà persuadere che l’assassinio di Cesare sia utile per “il bene
comune”, e lo stesso sarà redento sul
finale da Antonio che sosterrà che, tra i cospiratori, in scena vestiti da lupo
Ezechiele, homo homini lupus di latina memoria, Bruto era l’unico a credere
fortemente che il sacrificio di Cesare avesse una reale utilità socio politica.
Uno spettacolo, quello di Rigola che concentra
tutto lo sforzo sulla voglia di voler spiegare e dimostrare che la natura umana
è contraddittoria, senza un reale tentativo di raccontare ciò di cui le parole
e la natura di questo testo sono pieni. Una messa in scena che manca di ritmo,
di quella verità che è solo ed unicamente nelle stesse parole pronunciate, ma
mai vissute fino in fondo dagli attori coinvolti che pur fanno un lavoro
rispettoso, senza andare oltre però, senza rischiare e vivere sulla propria
pelle ciò che raccontano. A dare corpo ad i vari personaggi ci sono, oltre all’ormai
famoso Michele Riondino nel ruolo di Marco Antonio, Maria Grazia Madruzzato,
che egregiamente veste i panni di Cesare, Stefano Scandaletti, Michele Maccagno
(molto intenso il suo Cassio), Silvia Costa, Francesco Wolf, Eleonora Panizzo,
Pietro Quadrino, Riccardo Gamba, Raquel Gualtero, Beatrice Fedi, Andrea
Fagarazzi.
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