“MDLSX” – Regia di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò con Silvia Calderoni
Servizio
di Antonio
Tedesco
Napoli
- Identità di genere. Fattezze,
connotazioni, caratteri sessuali. Parti essenziali di ciò che ci qualifica e ci
rende riconoscibili nel mondo. Ma non tutto può essere schematicamente definito
e definibile con precisione. Anomalie. Stadi intermedi. Passaggi incompiuti. Ma
è proprio fuori dalla “normalità” (concetto già in sé ambiguo) che ci si può
avvicinare maggiormente ad una dimensione ulteriore. Alla completezza
dell'essere, al racchiudere in sé componenti diverse, ad avvicinarsi, in
sintesi, all'Unità. Qualcosa che potrebbe avere a che fare con il divino. Ma il
“divino”, per la sua stessa incatalogabilità, si apparenta con il mostruoso.
Subisce il rifiuto, nel suo deviare da ciò che è ordinario, riconoscibile,
incasellabile. E può diventare difficile, faticoso da sostenere.
E'
partendo da questi presupposti che Silvia Calderoni fa della sua esperienza
umana e personale un paradigma una riflessione generale sull'essere persona (
prima ancora che uomo o donna) e sullo stare al mondo. Mettendo in gioco la sua
vita, i suoi ricordi anche più intimi. I passaggi esistenziali spesso dolorosi
che ha dovuto attraversare. Trasformandoli in una dimensione estetica
coinvolgente e di rara potenza comunicativa.
Sola
sulla scena, con una consolle dalla quale gestisce la strumentazione tecnica
necessaria, apre sé stessa, la sua vita e, allo stesso tempo, trasforma la sua
immagine in un'icona simbolica. Fa della sua stessa memoria un elemento
scenico, attraverso i filmini che la riprendono durante l'infanzia, feste
familiari, compleanni, ma anche occasioni diverse. Documenta la propria
crescita all'insegna di una dolorosa incertezza sessuale. Una indefinibilità di
genere che l'ha accompagnata nella sua faticosa adolescenza. Il suo sentirsi ed
essere emarginata per questo nel contesto sociale. Le sue ricerche nei libri di
scienza e nei dizionari per trovare una definizione del suo peculiare modo di
essere. E scoprire che la razionalissima scienza non sapeva fare altro che
classificarla come un oggetto anomalo, uno scherzo della natura, forse un
mostro. E poi l'altrettanto difficile percorso di presa di coscienza, di
accettazione di sé, sempre con il continuo confronto, anche attraverso la fuga,
con la famiglia, la società, il suo luogo di nascita.
Nell'elaborazione
del testo che la stessa Silvia Calderoni ha curato con Daniela Nicolò, la sua
esperienza diretta si fonde con quella letteraria narrata da Jeffrey Eugenides
in Middlesex, romanzo pubblicato nel 2003, che racconta di un caso molto
vicino a quella dell'attrice performer. Ma non è l'unico riferimento
letterario. Nell'incalzante sequenza di azioni sceniche messe in atto
dall'attrice, contrappuntando musiche, video e brani recitati, (oltre a
riferimenti relativi a vari “Manifesti” Cyborg e Queer) viene fuori anche l'esibizione
di un pollicione che farebbe pensare a Cowgirl, il nuovo sesso,
romanzo-cult scritto negli anni '70 da Tom Robbins e portato al cinema, nel
'92, da Gus Van Sant. Siamo di fronte, quindi, ad una nuova tappa del coerente
e raffinato percorso di ricerca teatrale portato avanti ormai da più di due
decenni dai Motus, il gruppo riminese che ha presentato a Galleria Toledo
questo MDLSX, per la regia di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò. Una
ricerca che scava ai margini dell'esperienza della contemporaneità, per
coglierne la sua essenza più riposta. Per rimestare nel rimosso della società e
della cultura occidentale, per metterne in luci i punti deboli, i nodi
irrisolti, le note dolenti. Servendosi di un'idea multidisciplinare del teatro,
che diventa luogo di sintesi, ambiente ideale per la convergenza e la
comunicazione di una serie di impulsi che arrivano da una molteplicità di
canali, di esperienze artistiche, di possibilità espressive. E in questo
spettacolo in particolare, è proprio Silvia Calderoni a farsi nodo terminale di
questa pluralità di stimoli e di impulsi, ad assumerli sul suo corpo androgino
e flessuoso, a farsene carico e a trasformarli in materia espressiva, scavando
tanto a fondo dentro di sé da raggiungere una dimensione di portata universale
che non può non riguardarci tutti.
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