“MDLSX” – Regia di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò con Silvia Calderoni

 Al Teatro Galleria Toledo di Napoli dal 1° al 6 dicembre
 
Servizio di Antonio Tedesco
 
 
Napoli -  Identità di genere. Fattezze, connotazioni, caratteri sessuali. Parti essenziali di ciò che ci qualifica e ci rende riconoscibili nel mondo. Ma non tutto può essere schematicamente definito e definibile con precisione. Anomalie. Stadi intermedi. Passaggi incompiuti. Ma è proprio fuori dalla “normalità” (concetto già in sé ambiguo) che ci si può avvicinare maggiormente ad una dimensione ulteriore. Alla completezza dell'essere, al racchiudere in sé componenti diverse, ad avvicinarsi, in sintesi, all'Unità. Qualcosa che potrebbe avere a che fare con il divino. Ma il “divino”, per la sua stessa incatalogabilità, si apparenta con il mostruoso. Subisce il rifiuto, nel suo deviare da ciò che è ordinario, riconoscibile, incasellabile. E può diventare difficile, faticoso da sostenere.
E' partendo da questi presupposti che Silvia Calderoni fa della sua esperienza umana e personale un paradigma una riflessione generale sull'essere persona ( prima ancora che uomo o donna) e sullo stare al mondo. Mettendo in gioco la sua vita, i suoi ricordi anche più intimi. I passaggi esistenziali spesso dolorosi che ha dovuto attraversare. Trasformandoli in una dimensione estetica coinvolgente e di rara potenza comunicativa.
Sola sulla scena, con una consolle dalla quale gestisce la strumentazione tecnica necessaria, apre sé stessa, la sua vita e, allo stesso tempo, trasforma la sua immagine in un'icona simbolica. Fa della sua stessa memoria un elemento scenico, attraverso i filmini che la riprendono durante l'infanzia, feste familiari, compleanni, ma anche occasioni diverse. Documenta la propria crescita all'insegna di una dolorosa incertezza sessuale. Una indefinibilità di genere che l'ha accompagnata nella sua faticosa adolescenza. Il suo sentirsi ed essere emarginata per questo nel contesto sociale. Le sue ricerche nei libri di scienza e nei dizionari per trovare una definizione del suo peculiare modo di essere. E scoprire che la razionalissima scienza non sapeva fare altro che classificarla come un oggetto anomalo, uno scherzo della natura, forse un mostro. E poi l'altrettanto difficile percorso di presa di coscienza, di accettazione di sé, sempre con il continuo confronto, anche attraverso la fuga, con la famiglia, la società, il suo luogo di nascita.
Nell'elaborazione del testo che la stessa Silvia Calderoni ha curato con Daniela Nicolò, la sua esperienza diretta si fonde con quella letteraria narrata da Jeffrey Eugenides in Middlesex, romanzo pubblicato nel 2003, che racconta di un caso molto vicino a quella dell'attrice performer. Ma non è l'unico riferimento letterario. Nell'incalzante sequenza di azioni sceniche messe in atto dall'attrice, contrappuntando musiche, video e brani recitati, (oltre a riferimenti relativi a vari “Manifesti” Cyborg e Queer) viene fuori anche l'esibizione di un pollicione che farebbe pensare a Cowgirl, il nuovo sesso, romanzo-cult scritto negli anni '70 da Tom Robbins e portato al cinema, nel '92, da Gus Van Sant. Siamo di fronte, quindi, ad una nuova tappa del coerente e raffinato percorso di ricerca teatrale portato avanti ormai da più di due decenni dai Motus, il gruppo riminese che ha presentato a Galleria Toledo questo MDLSX, per la regia di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò. Una ricerca che scava ai margini dell'esperienza della contemporaneità, per coglierne la sua essenza più riposta. Per rimestare nel rimosso della società e della cultura occidentale, per metterne in luci i punti deboli, i nodi irrisolti, le note dolenti. Servendosi di un'idea multidisciplinare del teatro, che diventa luogo di sintesi, ambiente ideale per la convergenza e la comunicazione di una serie di impulsi che arrivano da una molteplicità di canali, di esperienze artistiche, di possibilità espressive. E in questo spettacolo in particolare, è proprio Silvia Calderoni a farsi nodo terminale di questa pluralità di stimoli e di impulsi, ad assumerli sul suo corpo androgino e flessuoso, a farsene carico e a trasformarli in materia espressiva, scavando tanto a fondo dentro di sé da raggiungere una dimensione di portata universale che non può non riguardarci tutti.
 
 
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