A CHE SERVONO QUESTI QUATTRINI di Armando Curcio, regia Andrea Renzi
Teatro San Ferdinando 26 dicembre 2021 - 6 gennaio 2022
Servizio di Rita Felerico
Napoli - Una commedia tra le più applaudite e tra
le più paradossali: ironica, strappa risate, ricca di battute, giocata sul
significato molteplice non solo delle parole ma della realtà che le parole
vogliono descrivere e raccontare. Messa in scena a Roma nel 1940 e poi
rivisitata nel 1942 cinematograficamente per la regia di
Esodo Pratelli con Eduardo e Peppino De Filippo protagonisti e con, tra gli
altri, Clelia Matania e Paolo Stoppa A che servono questi quattrini, nella versione proposta al San
Ferdinando per la regia di Andrea Renzi,
grazie a interpreti di spessore conserva il suo originale messaggio e la
sua autentica verve. Tale è Gennaro
Esposito nell’interpretare il marchese Eduardo
Parascandolo, il quale ha saputo dare - pur negli schemi della tradizione - un
taglio temporale a tutto tondo che abbraccia i complessi tempi nei quali anche
oggi siamo imbrigliati quando si affronta il tema del rapporto uomo/denaro,
economia/società.
Valerio Santoro, Vincenzino Esposito, ingenuo, fanciullesco,
affascinato allievo del professore Parascandolo,
pronto a seguire ogni suo insegnamento pur di uscire dalla sua misera condizione
di povertà. E poi ci sono gli altri Luciano Saltarelli, Fabrizio La Marca a
interpretare più personaggi, soprattutto Gennaro Di Biase che veste
anche i panni femminili di donna Carmela,
la zia di Vincenzino. Presenza colorata, vivace e ben caratterizzata è
quella di Chiara Baffi, la Rachelina amata da Vincenzino, unica donna a
calcare il palcoscenico, piena di grinta e convinzione. Non potrebbero tutti dare
il loro meglio se non fossero non solo appassionati conoscitori della
tradizione, ma attori di oggi che guardando al futuro, riscontrano nel presente
il messaggio da trasmettere alle nuove generazioni.
E soprattutto a darci la
vera cifra del teatro, cosa è, come si vive, cosa comunica. E quelle che
possono apparire solo ripetizioni di cliché sono invece archetipi
comportamentali insiti nel nostro DNA. Tutti ci riconosciamo, in almeno uno dei
personaggi, con i suoi limiti e le sue possibilità. Peccato che lo spettacolo sia stato interrotto -
a pochi giorni dalla fine delle repliche- dalla positività al Covid19 di due
attori; ci lascia l’amaro in bocca, aver perso la possibilità di godere più a
lungo di quella famosa parabola cinese
– senza rimpianto torna alla memoria una delle scene che hanno reso i fratelli del
nostro teatro famosi nel mondo- che apre ad altri orizzonti, dimostrando come
la vita possa essere solo una illusione scambiata per vera. Cosa significa fare
e coltivare il niente? Meglio morti che addormentati, insegna
Parascandolo a Vincenzino. Una lezione ancora oggi ricca di valori e di quella
sottile sapienza umana e popolare di cui mai dobbiamo perdere le tracce.
di Armando Curcio
regia Andrea Renzi
con Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase, Luciano
Saltarelli, Chiara Baffi, Fabrizio La Marca
scene Luigi Ferrigno
costumi Ortensia De Francesco
luci Antonio Molinaro
foto di scena Marco Ghidelli
produzione Teatro
di Napoli – Teatro Nazionale, La Pirandelliana
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