“Peggy Guggenheim – Donna allo specchio”

Una frizzante Fiorella Rubino dà vita e corpo alla vitalità e all'ironia di una delle più appassionate sostenitrici dell' Arte Moderna
Servizio di Guerino Caccavale

Napoli. Nell'ambito del Napoli Teatro Festival Italia, al Teatro Nuovo di via Montecalvario è andato in scena sabato 14 giugno (con replica il 15) lo spettacolo “Peggy Guggenheim – Donna allo specchio”. Tratta da una drammaturgia di Lanie Robertson, diretta da Alessandro Maggi e interpretata da Fiorella Rubino, che ne cura anche il progetto, la pièce è la storia di una delle più grandi e appassionate collezioniste d'arte moderna di tutti i tempi. Non solo: è anche il racconto del tempo in cui ha vissuto, il Novecento.

Lo spettacolo è ambientato negli anni '60 a Palazzo Venier dei Leoni a Venezia, luogo in cui ha trovato per sempre dimora la sua immensa collezione di quadri e sculture, donata alla Fondazione dello zio Solomon Guggenheim. Il testo si dipana sulle storie, le relazioni amorose, gli aneddoti di Peggy Guggenheim, donna che ha vissuto per l'Arte ma che nella stessa vi ha trovato una ragione di vita.

Interpretata in modo convincente da una brillante Fiorella Rubino, che dà tutta se stessa per plasmare una donna forte e vanitosa, stravagante ma razionale, amante d'uomini e d'artisti, la rappresentazione è imperniata sulla solarità e vitalità della donna americana. Sesso, champagne e Arte: così potrebbe essere sintetizzata la vita di Peggy Guggenheim.

Ella vive per le sue opere e lo spettacolo è imperniato proprio sul destino delle stesse: “Che fine faranno i miei bambini?”. I bambini, così amava chiamare quadri e sculture in cui era impresso il suo essere: essi resteranno per sempre a Venezia a Palazzo Venier dei Leoni proprio perché inscindibili dallo stesso.

Frizzante e ironica, Fiorella Rubino è ottimale interprete di un personaggio forte, eccentrico e fuori dagli schemi, che riprende alla perfezione. La sua esuberanza e voglia di vivere si scontrano però con l'apatia della figlia Pegeen e la sua fragilità. Pegeen, pittrice interpretata dalla giovane e brava Olivia von Cordsen, è vista dalla madre come artista, non come figlia. Il disagio di Pegeen, avvolta dalla più profonda depressione, è evidente ma quasi non concepito dagli occhi della madre, superficiale nei suoi confronti: è difficile essere la figlia di Peggy Guggenheim non avendo il suo stesso carattere.

Alla fine Pegeen è soprafatta da questo divario di personalità e reprime le sue sofferenze con il suicidio e solo a quel punto, forse, Peggy si accorge di essere addolorata per la figlia, non per l'artista.

Tanti sono i ricordi rievocati: dall'amato padre, morto sul Titanic, ai suoi mariti artisti Max Ernst e Laurence Vail, al suo vero grande amore, lo scrittore John Holms, passando per gli artisti che ha strappato alla miseria come Pollock, Kandinskji, Tanguy e tanti altri. La sua missione è stata quella di salvare e conservare l'Arte e gli Artisti, lasciandoci alcune delle opere più significative del Cubismo, del Surrealismo e dell'Espressionismo.

La scenografia, costituita da tre pareti con porte laterali girevoli e quella centrale, di volta in volta riempita dalle proiezione di alcune opere dell'epoca di Peggy Guggenheim, è arricchita da mobili componibili che, cambiando conformazione nelle varie scene, danno vita ora a una grande sedia simil trono, ora ad un grande comodino con specchio e annessa sedia, ora a un tavolo su cui poggia il telefono, fino alla fine in cui vi è un'immensa stanza dove regna il buio assoluto: in pratica la scenografia riflette le quattro parti in cui è suddiviso il testo originario di Lanie Robertson.

Le musiche sono quelle proprie dei tempi in cui ha vissuto la grande donna americana con una leggera prevalenza di ritmi jazzati e soft; le luci a loro volta sono imperniate sulla protagonista assoluta della pièce e sul suo carattere ma confluiscono, alla fine, nell'oscurità della Morte. Molto belli e vivaci i costumi, opera di Marta Crisolini Malatesta; la regia di Alessandro Maggi è destinata inevitabilmente a proiettarsi sul personaggio forte di Peggy Guggenheim, sulle sue volontà e frivolezze.

Lo spettacolo, sostanzialmente un monologo, risulta più che gradevole grazie ad una riuscita prova d'attrice per Fiorella Rubino e allo stesso personaggio di Peggy Guggenheim, la cui passione per l'Arte farà sì che le sue opere vivranno per sempre, prevalendo anche sul dolore.

 

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