Iodice evoca Caravaggio e fa recitare anche gli ospiti del Dormitorio pubblico

Servizio di Vincenzo Perfetti

La rassegna del Napoli Teatro Festival 2014 vede la nuova partecipazione del regista partenopeo Davide Iodice  con “Mettersi nei panni degli altri” e “Dentro”. Due drammatizzazioni che saranno in prima assoluta dal 12 giugno sino al 15, presso un luogo d’eccezione, il Centro Prima Accoglienza (ex Dormitorio Pubblico) di Napoli. Il lavoro che ha anticipato le due performance fa parte di un progetto più ampio “Che senso ha se solo tu ti salvi”, una trilogia che Iodice dedica alla crisi della società contemporanea. Ed è quindi la crisi che il nostro tempo storico ci impone ad essere al centro delle sue attenzioni, una “crisi urlata”, che mantiene nell’oblio la vita quotidiana. La fucina della sua ispirazione è Caravaggio, con il lavoro  “Sette Opere di Misericordia”. Un’opera che abbraccia sacralità e realtà quotidiana con i suoi classici giochi di luce/ombra. Ed è quello che Iodice riprende nei due suoi lavori unendo esistenze diverse attraverso costumi e maschere. “Mettersi nei panni degli altri”, ispirato al “Vestire gli ignudi” di Merisi, è una scrittura scenica realizzata insieme agli ospiti del Dormitorio pubblico di Napoli (nel quale Iodice ha operato come volontario). Infatti gli attori si combinano tra professionisti e non (ritenuti professionisti dell’esistenza), rimarcando in questo modo l’immersione nel reale della scena. D’altronde, la scelta di Caravaggio non è casuale: “Questo attraversamento del buio è una cosa che io tento di fare, ma non inteso spingendomi in luoghi non necessariamente dolorosi. Cerco una bellezza residuale. Mi calo in certe oscurità per poi tentare di tirarne fuori un minimo di luce espressiva. Più che fare l’indagine –dice Iodice - faccio l’indigeno”. “Dentro”, invece unisce “Curare gli ammalati” e “Visitare i carcerati”, è un video documento sul laboratorio condotto dallo stesso regista presso l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Secondigliano (OPG presso il quale ha svolto volontariato). L’empatia è il nodo dal quale si srotola il tutto, secondo Iodice, che conclude: “La crisi è la saturazione, la dissipazione, delle relazioni vitali, umane. È il motore che muove la mia tensione di teatro verso l’esistenza. Andare verso l’altro. Conoscere l’altro. Comprenderne le ragioni. Anche perché l’altro non c’è. Siamo noi, l’altro”.

 

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