“Chi ha paura di Virginia Woolf” di Edward Albee - Regia di Arturo Cirillo

Al teatro Bellini di Napoli dal 26 al 31 gennaio

 
Servizio di Pino Cotarelli
 

Napoli – “Chi ha paura di Virginia Woolf”, conferma la sua attualità nonostante una drammaturgia dai sapori classici, il successo della prima del 26 gennaio al teatro Bellini, dove rimarrà fino al 31 gennaio, lo sottolinea. L’opera teatrale scritta da Edward Albee nel 1962, che ebbe nello stesso anno la sua prima rappresentazione teatrale a Broadway, seguita poi dalla versione cinematografica del 1966 interpretata da Richard Burton ed Elizabeth Taylor, rappresenta uno psicodramma familiare che ben si inquadra fra le pieghe della società civile occidentale contemporanea, che nella folle corsa alla realizzazione ”a tutti i costi”, si ripiega su se stessa e lascia vittime sacrificali, provocando schizofrenie dei comportamenti che travalicano i limiti dell’etica. Certamente non è stata facile la messa in scena e la contestualizzazione dei caratteri che ha richiesto una totale immersione nei meccanismi più intimi dei personaggi e delle vicende per accedere alla necessaria padronanza per la costruzione dello psicodramma. Va dato quindi merito al lavoro impegnativo del regista Arturo Cirillo che, attraverso il difficile impatto con i toni forti del dramma di Edward Albee, ha realizzato una versione il cui successo premia ampiamente la giusta aspirazione ad una totale immedesimazione nei ruoli da parte dei suoi attori. Ad essi infatti va il merito di aver restituito ai personaggi quella autenticità capace di indurre nello spettatore un reale processo di immedesimazione. Conflitti di coppia quindi, che con la complicità dell’alcool che scorre a fiumi, acuiscono i disagi ed abbattono le già deboli difese in quella infinita notte, al rientro da una festa, in cui Martha (Milvia Marigliano) ed il marito George (Arturo Cirillo) avevano reiterato, con gli amici, le banalità di sempre. Martha è una moglie delusa da un marito incapace di ambizioni e nasconde la sua fragilità con una storia di maternità immaginaria in cui ripone il suo desiderio di affetto. La presenza in quella stessa notte, della coppia di giovani amici Honey (Valentina Picello) e Nick (Edoardo Ribatto), provenienti dalla stessa festa per un drink finale, provoca, in  un crescendo infinito, un violento confronto-scontro fra le due coppie.  Un mosaico di vicende che si incastrano e che frantumano le instabili certezze dei quattro, rese con una drammaturgia dai ritmi serrati e la piena adesione ai ruoli. Scardinata ormai ogni logica convenzionale, i quattro ritrovano le consuetudini e le immobilità dell’abitudine, quando George finalmente spegne la vita del figlio immaginario della moglie, gli dà la morte verbale e Martha ormai scoperta la sua fragilità, si rifugia nel tranquillo e sicuro affetto del marito. I due  ritrovano, così, la complicità e l’intesa di sempre, mentre la coppia giovane Nick e Honey prende la strada di casa con il loro carico di dubbi rinnovati, quando è ormai l’alba. La scenografia di Dario Gessati essenziale, dai meccanismi a scomparsa mossi agevolmente a scena aperta, insieme agli squarci di luce di Mario Loprevite che   illuminano soffusamente la scena, hanno contribuito a creare l’atmosfera giusta e appropriata, mentre comode poltrone, bicchieri sparsi e bottiglie di liquore anticipavano l’idea di quello che sarebbe accaduto di lì a poco.

 

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