P_OSSESSIONE OTELLO – da William Shakespeare - Drammaturgia e regia di Laura Angiulli


Al Teatro Galleria Toledo di Napoli dal 20 al 29 novembre

 

Servizio di Antonio Tedesco

 

Napoli – Il sipario si apre molto lentamente su una scena che, più che spoglia diremmo nuda, volutamente nuda,  quasi a voler apertamente svelare le strutture del palcoscenico. Gli attori, divisi in due piccoli gruppi a seconda dei personaggi interpretati, sono già lì, immobili, in posa, in una sorta di “fermo immagine” teatrale.
L’azione comincia dopo alcuni secondi e, in pochi scambi, sembra già esprimere, in sintesi, la tragedia che di lì a poco si articolerà intorno ad una soave fanciulla di buona famiglia (Desdemona) che si dà al rude, per quanto nobile, guerriero di colore (Otello), contravvenendo la volontà del proprio padre  (Brabanzio), il quale, contrariato, non esita a mettere in guardia il Moro dal fatto che anche egli, come è già stato per lui, possa venir tradito. Una sorta di rapida ouverture che introduce fatti e personaggi presagendone già gli sviluppi, mentre a poco a poco, gli uni e gli altri, vengono irretiti nella fitta trama ordita con calcolato cinismo dal subdolo Iago.
Nei termini di questa così dichiarata “teatralizzazione” della messa in scena, che non ha, volutamente, alcuna pretesa di alludere o imitare la realtà, sta la chiave di lettura scelta da Laura Angiulli per il suo adattamento e regia di P_ossessione Otello, in scena a Galleria Toledo fino al 29 di questo mese.
Una lettura che diventa non solo uno studio teorico sulla terribile gratuità del male, ma anche, e soprattutto, la sua “messa in forma” teatrale, con Iago che si fa regista in una sorta di teatro nel teatro, artefice, o meglio, burattinaio, di una terribile rappresentazione che assume la funzione di modello, di paradigma, che infinite volte, e sotto svariati aspetti, si è replicata sulla scena del mondo. Ecco allora che il teatro viene chiamato in causa direttamente, nelle sue forme e nei suoi modi, spogliato da ogni orpello, da ogni superfluo svolazzo, a farsi specchio spietato di quel malessere sottile e insinuante (segno, forse, di un inconfessabile impulso autodistruttivo) che serpeggia nel fondo dell’animo dell’intera umanità. Iago, simbolo di questo malessere diffuso e radicato, più che di un’astratta idea del male in sé, muove le sue pedine, ordisce le sue trame, semina odio e diffidenza, demolisce sistematicamente ogni impulso positivo nell’animo dei suoi interlocutori. E in questo, si direbbe, geometrico quanto inesorabile susseguirsi di azioni e reazioni, in questo rapido intrecciarsi di triangolazioni sceniche, si dimostra il tragico teorema di un’umanità che, incapace di trovare valore nella propria condizione, non sa fare di meglio che divorare incessantemente  sé stessa.
La scena si chiude, e sarà uno dei personaggi, Cassio, che sul tragico epilogo di morte e dolore, significativamente chiamerà, o meglio invocherà, il sipario. Come un pietoso oblio sulla scena del teatro, e, forse, su quella del mondo.
Laura Angiulli ottiene questa, che potremmo definire “un’essenza shakespeariana”, lavorando in sottrazione, ripulendo fino al limite il potenziale e contingente (melo)dramma insito nella vicenda, per poterne, così, meglio evidenziare la portata simbolica universale, che ancora oggi (e nella fattispecie, nei drammatici eventi di questi giorni) sembra parlarci, ed essere tragicamente attuale. Felicemente coadiuvata da una affiatata compagnia di attori che, pur mantenendo elementi di classicità nel tono recitativo, riescono a elevare i rispettivi personaggi oltre il contesto narrativo tracciando archetipi della condizione umana.  Dal febbrile e risentito Iago di Giovanni Battaglia, al “posseduto” Otello di Michele Danubio, alla “calda” ma non priva di ambiguità, Emilia di Alessandra D’Elia, alla acerba, ma anche maliziosa, ingenuità della Desdemona di Manuela Mosè, così come le buone caratterizzazioni nei rispettivi personaggi di Antonio Marfella e Stefano Jotti, rispettivamente Cassio e Roderigo.
Lo spettacolo è dedicato alla memoria di Oreste Zevola, artista (sua la bella locandina dello spettacolo) di cui in questi giorni ricorre il primo anniversario della prematura scomparsa.


 
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