GIOVANI COMPAGNIE TEATRALI IN TEMPO DI CORONAVIRUS
Incontro (telefonico del 27 aprile 2020) con
Antonio Piccolo di Teatro In Fabula
Servizio di Rita Felerico
Napoli – Attore, regista, drammaturgo, educatore,
Antonio Piccolo – napoletano classe
1987 – sceglie il teatro per ‘stare al mondo’ e per la sua formazione, personale e
professionale, dal 2004 segue un
percorso di studi che lo vede
frequentare la scuola di recitazione di Carlo
Cerciello, le lezioni del mimo corporeo Michele Monetta e quelle di drammaturgia
di Massimo Maraviglia. E poi c’è l’insegnamento di Luca De Filippo in un corso
di perfezionamento sulla Commedia dell’Arte e un rapporto di collaborazione con
artisti/attori del calibro di Antonio Sinagra, Claudio Di Palma, Filippo Timi,
Antonella Morea e tanti, tanti altri. Vincitore di più premi per la
drammaturgia con l’opera Emone, insignito di vari riconoscimenti
come attore e come autore per i testi di Il
Sogno Di Morfeo e All’Apparir
del Vero (dedicato al poeta Giacomo Leopardi), dal 2010 è parte della
compagnia Teatro In Fabula, che produce e distribuisce spettacoli
per un pubblico di ogni età. Innovativi
ed originali nel loro concept, scrivono sul loro sito: “crediamo nella pedagogia teatrale e teniamo laboratori di formazione
per bambini, ragazzi e adulti”. Lo incontriamo, telefonicamente, per sapere
come, se e cosa è cambiato in tempo di
pandemia per la loro realtà teatrale.
Antonio, questo periodo difficile per ogni settore della nostra vita,
sociale e personale, lo è ancor di più per la cultura e lo spettacolo; se e come
ha inciso e incide sugli obiettivi di Teatro In Fabula.
Da fine febbraio attraversiamo una fase di sospensione; come tanti altri
colleghi, amici, artisti. Posso dire di aver perso una notevole quantità di
lavoro, nel quale avevo investito- anche insieme alla compagnia- gran parte delle
risorse e delle aspettative; come le repliche di ‘Orgoglio e Pregiudizio’, spettacolo
andato in scena con successo durante il Napoli Teatro Festival e avrei dovuto
iniziare le prove di uno spettacolo
programmato in scena per gli inizi di ottobre, un testo del quale ho curato io
l’adattamento, il ‘Don Giovanni’. E ancora avrei dovuto provare ‘Il
sogno di Morfeo’, un mio testo vincitore anche di un bando della Siae.
Salta tutta la programmazione autunnale. Una difficile realtà, che impone un
atteggiamento di ‘accoglienza’, per usare un termine appropriato; il teatro è
il mio pane quotidiano e il circuito nel quale
agisco non si
estende solo ad un circuito ‘ufficiale’ ( che penso da solo non possa parlarci e raccontarci del teatro e del ‘fare teatro’ ) ma all’interno di un circuito
periferico ; lavoro molto con le scuole, in tutta Italia, gestendo laboratori e
allestendo spettacoli. E qui vengo alla nostra mission; la nostra compagnia è
una squadra affiatata, da dieci anni lavoriamo con la partita IVA ma siamo
insieme da ben dodici e da tre/quattro anni la nostra identità si è rafforzata,
pandemia o non pandemia, in tal senso .
Come gruppo ci integriamo e siamo integri, nessuno di noi desidera perseguire
scelte essenzialmente commerciali, le matinée nelle scuole e gli spettacoli in
luoghi diversi dal teatro sono sostenuti da noi. Crediamo in un teatro di
formazione, ricco di un messaggio etico e insieme artistico che ne determina il
valore, credo insomma con grande ottimismo in un progetto educativo/formativo, ogni lavoro,
spettacolo è un piccolo mattone per la realizzazione di un circuito virtuoso
che leghi il percorso ufficiale e quello periferico.

Cosa stai elaborando in quarantena?
Sicuramente non ho perso i contatti – seppure digitali – con la
compagnia, ci confrontiamo su come promuovere la nostra produzione, anche di
materiali già distribuiti, nel ‘dopo pandemia’, immaginando anche nuovi scenari di azione e divulgazione. Sto
poi personalmente lavorando ad una scrittura ‘non di scena’ pensata e ‘fatta’ a casa , sono 4/5 soggetti,
nuovi.
C’è uno spettacolo a cui sei particolarmente legato?
Uno spettacolo a cui sono particolarmente legato emotivamente è quello
dedicato a Leopardi, nel quale per la prima volta sono insieme autore, regista
e attore, circostanza che potrebbe essere fatale. Invece è stato sempre accolto
da pubblico e critica molto positivamente. Ma il testo che mi ha donato più
soddisfazione, anche perché ha vinto un importante premio e ha avuto grande
attenzione anche da una platea di colleghi ed artisti, è stato Emone.
Della nostra tradizione teatrale c’è un ‘quid’ che ti attrae, un
particolare carattere
Sono molto attratto dalla lingua, una lingua nobile, che da Eduardo, Di
Giacomo, porta a Moscato, Ruccello, Borrelli. E anche i versi in lingua posseggono
una strana forza, che palpita sul palco; la lingua non resta una espressione
linguistica, ma rivive e vive. Questa esperienza di verità e vivezza della
parola resta nelle produzioni di Teatro In Fabula che coltiva il legame con
altre forme di arte, come la musica, perché le storie raccontate con In Fabula spiegano
senza porsi limiti i legami – soprattutto attraverso la lingua – fra un centro
e una periferia, fra la fiaba e la realtà, fra il sogno e la creatività.
Pensi possa cambiare qualcosa dopo il corona virus nel mondo del teatro?
Sono preoccupato che non cambierà nulla, rassegnato che la torta si
faccia più piccola anche per i soggetti che fino ad ora sono stati i protagonisti
della distribuzione dei fondi, l’unica speranza è che possa spuntare – dopo
l’esperienza pandemica - una legge migliore sul teatro, finora ancella come la
cultura all’interno di un progetto economico più ampio. Lo Stato ed anche il
privato dovrebbero porre sul campo nuove proposte, che tengano conto delle
esperienze che stiamo vivendo e dell’impatto di queste nella realtà sociale che
ne uscirà sicuramente mutata, che è nelle scuole, nei laboratori, nei luoghi
dove la territorialità dovrà essere maggiormente rispettata e riconosciuta.
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