Giovani compagnie teatrali in tempo di coronavirus
Incontro (telefonico) con Emanuele D’Errico
di Putèca Celidònia - Napoli 9 aprile
2020
Servizio di Rita Felerico
Napoli
- Il teatro non può fermarsi. Nonostante il coronavirus, nonostante si prospetti
un futuro difficile e non chiaro nel suo percorso di ‘riapertura, perché certo
è che la stagione è persa e della prossima nulla è deciso. Ne parliamo con Emanuele D’Errico regista e
portavoce della compagnia Putéca Celidònia
che molti conoscono per le iniziative realizzate nel Rione Sanità insieme
ad una cooperativa di altre associazioni culturali, della quale capofila è Opportunity,
coraggiosi giovani che gestiscono due beni confiscati alla camorra. Gli attori
della compagnia Celidònia, tutti diplomati presso la scuola del Mercadante,
hanno dapprima collaborato offrendo il loro tempo per dare vita ad un
doposcuola e ad una biblioteca per i bimbi della zona (vedi il progetto del vicolo della cultura) poi realizzando dei corsi di educazione e
formazione teatrale che hanno visto coinvolti gli stessi bambini della Sanità.
E’ stato un vero
successo, i neo attori hanno dato prova di sé debuttando sia nella manifestazione Settembre d’ ‘o vico , spettacoli messi in scena dai balconi dei
beni confiscati che hanno visto la partecipazione di tante personalità della
cultura e dello spettacolo (Cristina Donadio, Antonella Morea, Eugenio Bennato,
Maldestro, Lucio Allocca, Wanda Marasco, Maurizio Capone solo per citarne
alcuni) che nello spettacolo Non c’è
differenza fra me e il mondo inserito
nel cartellone del Ridotto del Teatro Mercadante il 3 marzo scorso,
all’interno del progetto Quartieri di
vita, il Festival di teatro sociale diretto da Ruggero Cappuccio e
realizzato dalla Fondazione Campania dei Festival.
Emanuele, rispetto al calendario da voi programmato cosa ha
interrotto la pandemia e in questi giorni di ’forzata clausura’ quali sono le
riflessioni più ricorrenti, i progetti per il futuro?
Come per tutti abbiamo
avuto più tempo per riflettere, su tutti i fronti; in generale – come compagnia
– uno dei nostri pensieri ricorrenti è andato ai bimbi della Sanità per
i quali la quarantena – senza grandi mezzi a disposizione, quali computer o
altro e costretti in spazi angusti – è senza dubbio più difficile da vivere.
Non li abbiamo ‘abbandonati’ e abbiamo affidato loro – da lontano, riunendoli
magari intorno all’unico computer disponibile – dei compiti, meno faticosi
certo, ma utili per mantenerli in esercizio e per farli ’volare con la
fantasia’. I bambini li abbiamo telefonati, ci hanno telefonato, inviato video
di saluto con messaggi commoventi, come quello di Vincenzo che manifestava con voce intermittente di sentire
la nostra mancanza ,trasparendo il desiderio, la necessità, il bisogno di
rivederci. La pandemia ha
interrotto due dei nostri progetti, il debutto con Selenia in maggio al Ridotto del Mercadante e le prove per uno
spettacolo in programma per il calendario della prossima stagione dal titolo Dall’altra parte. Ma perseguiamo con
ottimismo altri obiettivi, per i quali non abbiamo smesso di lavorare: a) la nuova edizione di Settembre d’ ‘o vico; oggi più che mai il balcone è divenuto
rispetto ad ieri ancora di più un
simbolo; dovrà essere una festa esplosiva per tutti e soprattutto per i nostri
bambini che nel progetto saranno ancor più protagonisti perché daremo loro il compito di scrivere anche le storie
che metteranno in scena;
b) stiamo mettendo a
punto, approfondendo e organizzando il nostro intervento di formazione
didattica all’interno del carcere minorile di Nisida, con il quale avevamo
preso contatti proprio pochi giorni prima della pandemia. Riflettendo con la compagnia pensavamo di dare vita Al Piano di evasione per Nisida, un progetto
di teatro basato sull’immaginazione e sul binomio fuga/immaginazione.
La fantasia, l’immaginazione sono quindi alcuni dei punti
cardine della vostra idea di fare teatro in particolari contesti sociali e
umani, come la Sanità e il carcere di Nisida
Sì, usare l’immaginazione
come mezzo di fuga soprattutto rispetto ai limiti del sé, mezzo per superare
gli ostacoli che sono dentro di noi al fine di raggiungere e credere in altri
obiettivi, sfruttare l’immaginazione non come ‘strumento’ per evadere dai luoghi ma come elemento di
forza per evadere dalla prigione che è dentro se stessi. Ecco perché il titolo Piano
di evasione per Nisida, una compagnia che diviene il centro di una nuova
immaginazione e riflessione.
E come artisti, attori di teatro come state vivendo questi
momenti
La miglior cosa è
lasciarsi attraversare dalle nuove e inaspettate emozionalità che la pandemia ci
costringe a vivere; dobbiamo prepararci ad accogliere una nuova era e non farci
sorprendere. Come artisti dobbiamo tenere mente e orecchie aperte per tirare le
fila e capire artisticamente che senso
avrà il ‘fare teatro dopo il corona virus’. E’ un caso, ma lo spettacolo che
doveva andare in scena a maggio al
Ridotto del Mercadante racconta proprio della impossibilità dei personaggi di
‘fare spettacolo’, recitano quasi per stanca riproducibilità, in luoghi che non
gli appartengono. Occorre oggi stare molto ‘attenti’ al messaggio che può
diffondere l’Arte, il Teatro e prima di capire come ricostruire occorre capire
a quanto ammontano le macerie e cosa si può salvare da queste macerie.
Qual è stato l’impatto più forte che si è presentato fra voi artisti nel
momento in cui avete dovuto ‘lavorare’ con internet?
Innanzitutto la sorpresa: anche se il mezzo ‘internet’ è
per noi attori una ‘negatività’, abbiamo lavorato con risultati oggettivi
positivi , compreso che la positività
consisteva nel fatto che quando si lavorava in gruppo, dallo schermo del
computer, ognuno esprimeva il lavoro personale pensato sì da singolo, ma
tenendo sempre in mente il lavoro di gruppo che si voleva come risultato
finale, e questo sentimento base del
nostro lavoro ci unisce ancora di più. Certo i momenti di frustrazione ci sono,
dovuti alla incomunicabilità, ad una relazionalità colpita al cuore, cosa per
un attore svantaggiosa e negativa. Ma non ci lasciamo abbattere e pensiamo ad
un radioso settembre. E poi abbiamo deciso di partecipare ad un Festival, un
video / festival, propostoci da un’altra giovane compagnia ; nel video che
monteremo e invieremo Favole e violenza abbiamo deciso di far
partecipare con noi anche i bambini, perché in questo momento è dalla loro voce
che dobbiamo apprendere il futuro.
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complimenti a chi riesce a scorgere un futuro...
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