“LA CUPA – fabbula di un omo che divinne un albero” versi, canti, drammaturgia e regia Mimmo Borrelli

Al  Teatro  San Ferdinando di  Napoli,  dal 10 aprile  al 6 maggio 2018




Servizio di   Rita Felerico




Napoli - https://www.teatrostabilenapoli.it/wp-content/gallery/la-cupa_3/mg_2650.jpgSi respira l’odore dello zolfo: esala dalle gradazioni scure del grigio e del nero che disegnano la scena, gli ogetti metallici, le maschere, i costumi e il palcoscenico aperto e deflorato da quella impervia passerella che lega la realtà ad inimmaginabili azioni compiute a deformare la naturalità della vita. Dal pianeta martoriato nei suoi colori, ferito, incapace anche di tingersi di rosso per una presunta vergogna,incapace di dare espressività alla violenza che ha intorpidito, ucciso qualsiasi umano sentimento, salgono e si diffondono solo grida di dolore, urla laceranti, versi, mugugni. Anche quando si narra, anche quando Mimmo Borrelli racconta della sua terra e della terra con dolorosa angoscia, con una parola che diviene ancora più scura, volutamente coltello che affonda in una carne che sembra ever  perso ogni segno di sensibilità. In quella Cupa, discarica e mattatoio del mondo,ci siamo anche noi, colpevoli a volte inconsapevoli, vittime meravigliate, circuite da spesse corde, le corde dei marinai i quali ormai dall’acqua non riescono più a pescare pesci ma orridi mostri, quelli che sopravvivono ad un passato di orrori, quelli che nascondiamo per non riconoscere gli orrori. L’intrigo della storia sgancia il desiderio di un padre ormai morto e sperduto,ditrutto,  irraggiungibile nella sua identià e forza;  smorza e uccide una madre, la grande madre, che più che accoglienza semina paura. E fa paura la voce della verità delle cose continuamente soffocata.” La mia famiglia è andata, il mondo che immaginavo non si è avverato. Unica rinascita, unico esorcismo è nel rituale: affrontare i lutti prima del loro avverarsi”, così scrive il regista.  Parola e musica si fondono così a ben dire, sono un tutt’uno con i movimenti, i tic, le inflessioni dei protagonisti,la musica interagisce con loro: tamburi, aerofoni, idiofoni e object troveè,canti per far sorgere dal silenzio quella che è stata definita una tragedia contemporanea. Mimmo, il drammaturgo, ci invita- come dice in una  intervista – ad andare dall’altra parte, dalla parte della Cupa, per spogliarci dei nostri abiti/maschere che accecano la visione di noi e del reale. Le uniche maschere da indossare sono quelle paurosissime di uccelli, anìmali preistorici che popolano il nostro inconscio ma soprattutto la nostra vita.  Il cristiano è un animale senza scopo…..scappai alla ricerca dei miei anni….amore è follia….la verità è come una cima di montagna, si sale su e si vede come cambia…si lascia qualcosa di sé da qualche parte, poi si ritorna..il passato torna…..è un canto di paura, vorrei tornare creatura…..la paura ti mette alla prova…..questa è una epifania di dolore…..ma credo alla legge”. Ho messo insieme senza una logica alcune delle frasi che mi hanno colpito; sembra un discorso compiuto nonostante la forma irrazionale con la quale si sono scritte, un pensiero cupo che apre allo spiraglio di una luce possibile. Dove? in quel ‘credere alla legge’, in quel vagito che chiude la rappresentazione a testimoniare il mistero e l’impossibilità di soffocare – nonostante tutto- la vita.  Bravissimi tutti gli attori nella coralità teatrale, nei movimenti, nella definizione caratteriale dei personaggi, nell’esprimersi in un ostico linguaggio volutamente inquinato di allegorie, metafore, iperboli,dal lessico iconoclasta intriso di un reiterato turpiloquio. I grandi oggetti di scena venendo fuori dal caos dell’inconscio occupano sguardo ed emozione, sembrano  muoversi come deus ex machina in  antichi teatri di pietra, come oggi è ancora il teatro di Mimmo Borrelli, uno spazio di libertà : “ l’unica assemblea democratica ancora possibile”.

con Maurizio Azzurro, Dario Barbato, Mimmo Borrelli, Gaetano Colella, Veronica D’Elia, Renato De Simone, Gennaro Di Colandrea, Paolo Fabozzo, Marianna Fontana, Enzo Gaito, Geremia Longobardo, Stefano Miglio, Autilia Ranieri
scene Luigi Ferrigno
costumi Enzo Pirozzi
musiche, ambientazioni sonore composte ed eseguite dal vivo da Antonio Della Ragione
disegno luci Cesare Accetta
produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale



©RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenti