“Le statue movibili” di Antonio Petito- regia di Lello Serao

In scena al Piccolo Bellini di Napoli da martedì 21 a domenica 26 aprile

Servizio di Francesco Gaudiosi

Napoli- Il raffrontarsi con drammaturgie di Petito richiede sempre uno sforzo scenico notevole, e soprattutto una capacità registica, nella messa in scena del testo, che senza dubbio merita almeno di essere riconosciuta. Perché i testi di Petito fanno parte di quella drammaturgia ottocentesca/proto-novecentesca che traccia un affresco di caratteri, personaggi e luoghi della città di Napoli oramai lontanissimi dalla realtà partenopea contemporanea. Se infatti i testi di Scarpetta conservano ancora quel sapore aristocratico-borghese, quelle gag e quelle situazioni comiche ancora riscontrabili nel quotidiano vivere a Napoli- per non parlare delle drammaturgie eduardiane poi, forse così profetiche e lungimiranti che attendono ancora un effettivo concretizzarsi nella città partenopea- quelle di Petito presentano geometrie drammaturgiche, tempi di battuta, situazioni paradossalmente comiche che lo pongono forse più vicino all’universo goldoniano che a quello scarpettiano.

E’ interessante, a tal punto, notare come si evolva il personaggio di Felice Sciosciammocca, carattere che mentre nelle drammaturgie di Petito (così come ne Le statue movibili) risulta essere niente di più di un “figlioccio scenico” del protagonista-Pulcinella, in Scarpetta questi riesca a prendere tutta la scena di protagonista indiscusso della mise e a scalzare persino l’incombente presenza della maschera pulcinellesca fino a divenire egli stesso perno rotante della messa in scena.

Ma, venendo al testo di Petito, in scena al Piccolo Bellini fino a domenica, c’è da fare un plauso al regista Serao: a lui va il merito di aver messo in piedi una compagnia giovane e piena di vis interpretativa, allo stesso tempo affiancata da attori di esperienza come Nunzia Schiano che riescono ad aggiungere quel tocco in più necessario per bilanciare la resa finale dello spettacolo. Finalmenteun allestimento fatto, vissuto e costruito- nel vero e proprio senso della parola, dal momento che le scenografie sono firmate dai ragazzi dell’Accademia di Belle Arti- dai giovani. Era da tempo che non si vedeva una compagnia con così tanti giovani sul palco, e vedere il loro sudore, le loro emozioni e la loro freschezza scenica, risulta decisamente più comunicativo ed efficace,specie in un momento teatrale come questo in cui la produzione teatrale giovanile deve e può essere incentivata.

Ne risulta una mise vera, sincera e ben collaudata, con elementi scenici tipici del teatro di Petito, senza però fare leva su battute che magari oggi il pubblico potrebbe non cogliere o non comprendere dato il passaggio di ben due secoli. Questa versione di uno spettacolo di Petito, in altre parole, risulta essere al contempo fedele e contemporanea, innovativa e tradizionale.

Sulla scena, una compagnia affiatata e di qualità composta da Ciro Esposito, Daniela Ioia, Niko Mucci, Biagio Musella, Raffaele Parisi, Ciro Pellegrino e la già citata Nunzia Schiano. Tutti riescono a conferire un buon ritmo all’andamento complessivo dello spettacolo riuscendo a non essere mai “calanti”, rischio onnipresente in drammaturgie sì comiche ma comunque datate diciannovesimo secolo.

Il gioco degli equivoci, dei fraintendimenti, della realtà di giovani squattrinati, rivive nella farsa de Le statue movibili, abile gioco di inganni e di pasticci, di situazioni esilaranti che convoglieranno poi nel tradizionale lieto fine, elemento tipico delle drammaturgie farsesche.

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