Il Teatro non si fa con la Tecnica

Ricordando Eduardo a La Repubblica delle Idee
Servizio di Andrea Fiorillo

Napoli - Arrivata a Napoli dal 5 all’8 giugno, la Repubblica delle Idee, evento promosso dal quotidiano La Repubblica, ha letteralmente “occupato” la città coinvolgendo più di cinquantamila spettatori tra Palazzo Reale, Piazza del Gesù e Teatro San Carlo, nel tentativo, tutti insieme, di ”Riscrivere il Paese". In questi quattro giorni con il direttore Ezio Mauro ci sono stati Eugenio Scalfari, Adonis, Stefano Bartezzaghi, Zygmunt Bauman, Mauro Calise, Gianrico Carofiglio, Ilvo Diamanti, Petros Markaris, Tomaso Montanari, Marino Niola, Valeria Parrella, Carlo Petrini, Francesco Piccolo, Massimo Recalcati, Matteo Renzi, Stefano Rodotà, Gabriele Salvatores, Paolo Sorrentino, Achille Varzi, Toni Servillo e molti altri.

Ed in questo momento di confronto non poteva certo mancare il ricordo al più grande autore di teatro contemporaneo italiano, il nostro Eduardo De Filippo, a trent’anni dalla sua morte.

Durante l'incontro "Con la tecnica non si fa il teatro”, diretto da Anna Bandettini e Giulio Baffi, Luca de Filippo e Anna Bonaiuto hanno ricordato il grande attore ed il suo magico rapporto con il pubblico, con l’arte scenica e con la scrittura.

Nella magica atmosfera del Teatrino di Corte, con una sala stracolma, l’incontro è cominciato con un buio totale nel quale però la voce di Eduardo risuonava come in un sogno: erano le sue parole recitate in “Sik-Sik l’artefice magico”, durante la sua ultima apparizione a Napoli, nel lontano 1979. Ed è proprio da questa “magia” che si è sviluppato il discorso: un incantesimo che ha ricordato Luca ha straordinariamente caratterizzato l’inizio della carriera del padre: partendo da Sik-Sik (1932), si è riproposto all’apice della sua maturità, con “La Grande Magia” (1948), per tornare poi prepotente nella sua ultima opera, la traduzione in un napoletano scenico/seicentesco, del testo shakespeariano “La Tempesta” (1984). Una magia che unisce il percorso del grande autore/attore collegandolo a quell’analisi del senso del teatro e della finzione portata avanti per tutta la sua vita.

”Eduardo ha sempre creduto in un progetto teatrale che non cedesse alle lusinghe del pubblico. Ha usato una comicità non fine a se stessa, ma capace di portare messaggi diversi alla gente" ha detto il figlio Luca de Filippo. "Mio padre non ha mai pensato di insegnare a fare teatro. Si è sempre posto al servizio del testo, senza mai mettersi in prima linea, senza mai cedere alle richieste del pubblico, per conquistarlo. Il suo strumento era il confronto, il pubblico lo seguiva e lo segue ancora perché di fondo si riconosce un’onestà, che diventa matrice fondamentale. Ed è per questo che la tecnica e lo studio sono sì importanti, ma ciò che fa grande un attore è il rapporto che instaura con il pubblico, ed in mio padre, il pubblico stesso riconosceva che aveva vissuto per il Teatro. Gli era riconoscente, ed il tutto si trasformava in un delirio di passione”.

Completamente in sintonia con quanto affermato da Luca de Filippo, l’attrice teatrale Anna Bonaiuto, che, nonostante non abbia mai conosciuto di persona Eduardo, lo ha profondamente amato attraverso uno spettacolo, “Sabato, Domenica e Lunedì” con Toni Servillo. "Se non hai voce e portamento non arrivi alla sesta fila, ma se non riesci ad entrare nell'animo degli spettatori non puoi recitare. E’ chiaramente un paradosso affermare che con la tecnica non si fa teatro, perché quella esiste ed è fondamentale, ma se non vivi profondamente l’esperienza che stai facendo, non c’è tecnica che ti salvi. Bisogna condividere, confrontarsi, vivere, e rifuggire il narciso che è in noi, perché quest’ultimo ti chiude all’esperienza con l’altro. Bisogna studiare, essere disciplinati al rigore del teatro, ma bisogna anche mettere in connessioni i tre elementi che creano il contatto fondamentale con il pubblico: testa, cuore e pancia. Solo così si riesce a creare quella magia che era il teatro di Eduardo”.

“Il teatro deve essere vivo e quello di Eduardo lo era" ha detto la Bonaiuto "ho recitato nelle commedie scritte da Eduardo anche a Berlino. Era sorprendente come, già dopo le prime battute, il pubblico si staccasse dal testo e seguisse la commedia senza leggere i sovrattitoli in tedesco e ciò accadeva perché Eduardo sapeva parlare a persone di lingue diverse" ha sottolineato l'attrice.

“Il teatro edoardiano ha avuto molto successo in tutta Europa e in particolare in Russia dove alle sue performance seguivano venti minuti di applausi”, ha aggiunto Luca, sottolineando che “le interpretazioni di mio padre non facevano ridere il pubblico per il gusto di ottenerne un pausa maggiore, ma lo invitavano a riflettere; l'attore doveva essere utile alla società e lui ha provato ad esserlo fino alla fine. La sua attenzione per i ragazzi in carcere e per quelli che potrebbero finirci ha caratterizzato tutto il suo impegno di senatore a vita, anche se poi, ha portato a risultati vani. Esiste anche una legge regionale a suo nome”, ricorda l’attore, “ma mai applicata in nessun modo perché mancante di fondi, da sempre”.

In questo tono di amarezza si è concluso l’incontro, con la speranza che di Eduardo resti l’amore, il ricordo, la grandezza, ma anche un concreto aiuto civile, perché come lo stesso grande attore affermava “La Vita che continua è tradizione”.

 
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