AD OCCHI CHIUSI scritto e diretto da Luca Pizzurro, con Andrea Fiorillo

Al Teatro TRAM di Napoli dal 6 al 9 febbraio 2020

Servizio di Pino Cotarelli

Napoli – Una visone scomoda e scioccante, per una verità scottante dalla parte del “carnefice”, che la morale collettiva rigetta con indignazione, facendo prevalere il disgusto per la gravità dei fatti, sulla possibilità di una comprensione più approfondita delle vicende. Un narrazione dell’orrore della pedofilia, che prova a far emergere una visione distorta e distruttiva dell’amore malato di cui è vittima lo stesso carnefice. Una difficile realtà dai toni forti, che i testi scritti dall’autore e regista Luca Pizzarro, ricompongono sulla scena, nella loro durezza e tragica realtà, dal racconto vero di un testimone che l’autore ha raccolto dieci anni fa, approfondito da ricerche e colloqui con ragazzi vittime di abusi. 

Una scelta indovinata di Luca Pizzarro, quella di affidare il difficile ruolo alla bravura di Andrea Fiorillo, attore di grande sensibilità, che è riuscito con la sua abilità e una recitazione di ottimo livello, ad incollare gli spettatori alle sedie, nonostante le forti sollecitazioni allo sdegno e al disgusto provocato dai toni molto forti e provocanti dei fatti rappresentati. “Una scommessa difficile per un lavoro complesso che è stato ben accolto a Napoli e che solo una attore sensibile come Andrea Fiorillo poteva affrontare”, le parole di Luca Pizzarro, intervenuto nei ringraziamenti alla fine della rappresentazione, dopo i lunghi applausi tributati alla difficile prova dell’attore che ha dato ancora prova della sua grande professionalità. “Ho avvertito il vostro imbarazzo e la vostra indignazione….”, ha affermato Andra Fiorillo alla fine della sua intensa e impegnativa prova, riconoscendo al pubblico la capacità di aver compreso il suo sforzo nel rappresentare il duro racconto dai toni molto forti che solo alla fine riserverà una ulteriore ingombrante rivelazione

In “Ad occhi chiusi” il carnefice rivive nei sui farneticanti ricordi, gli approcci, i momenti delicati dei baci rubati all’innocenza, la masturbazione resa in maniera cruda; una crescente e allucinata descrizione in cui la vittima appare fin troppo compartecipe, nella quale i ruoli quasi si invertono; lui è ormai la vittima ed interpreta il terrore del bambino per incitamento, l’assenza di proteste, il ritrarsi, il chiudere gli occhi per l’orrore, tutto come esclusivo piacere. Trova la sua giustificazione in quell’amore malsano e nella responsabilità del supporto materiale che elargisce per le condizioni di necessità delle famiglie delle vittime. Il silenzio complice invece non rappresenta altro che il loro segreto piacevolmente condiviso. 

I conti però tornano sempre e il ragazzino che nel frattempo si confida con la madre, gli procurerà l’ostilità di tutti, facendolo confinare in una stanza di Roma da cui esce di rado e solo di nascosto. Si sente vittima di odio e disgusto, di una discriminazione incomprensibile per la sua visione distorta dell’amore. L’uomo compare fin dall’inizio in una scena essenziale, col suo aspetto rassicurante; si muove a proprio agio, sorseggia caffè appena fatto, ascolta musica, legge un libro, guarda vecchie fotografie; appare insomma come persona socievole e disponibile verso il prossimo. Sensibile persino al maltrattamento di alcuni gattini. Tranne poi a far emergere le sue effettive inclinazioni quando dalla sua finestra scorge un ragazzino che insegue un pallone nel suo cortile in cui un gelido vento imperversa e prova ad offrire il caldo rassicurante della sua stanza… Uno spettacolo che alla fine rivelerà una verità scomoda.

(foto di Sergio Siano)


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