“La Venexiana”


Servizio di Francesca Myriam Chiatto
 

Come per ogni commedia, ma in ogni caso come per ogni testo teatrale, anche “La Venexiana”, di un anonimo cinquecentesco, presenta la doppia dimensione del “teatro-natura” e “teatro-città”, in cui l’apertura dell’ambientazione cittadina al traffico e al caos si concretizza nella “festa”, intesa come rete di intrecci umani. Festa, dunque, per la ricchezza dell’impostazione visionaria. Il mistero che aleggia intorno a questa commedia è grande. Al di là delle poche notizie pervenuteci e dell’autore sconosciuto, infatti, anche il linguaggio presenta un punto interrogativo: questo sembra essere l’unico testo che non rispetta la retorica del periodo a cui risale, né le regole dell’epoca, ripristinando le “mansiones” medievali, ovvero i palcoscenici in cui venivano contemporaneamente rappresentate più scene. In questo caso, infatti, è mostrata l’intera geometria urbana con la pluralità dei luoghi scenici mantenuta poi anche all’interno della festa di tutto il periodo rinascimentale. Tramite questo tipo di scenografia, si può pensare la simultaneità degli avvenimenti mostrati, a differenza della scena unica, concentrata tutta sull’illusione ottica. “La Venexiana” presenta una sorta di quadri in movimento che non usano la visione prospettica. Il vero protagonista dell’opera è l’eros, in quanto è “commedia del desiderio” senza tuttavia che vi sia nessun appagamento o soddisfazione, sempre cercati, per tale desiderio, corrispondente alla festa. Le azioni sono dettate dal piacere e si svolgono in un’intera giornata rappresentata in luoghi cittadini. Si suppone che tale testo sia stato in realtà scritto da un pittore, in base ad un verbo che si riferisce proprio all’arte degli affreschi. Il prologo è una sorta di canto carnascialesco rinascimentale che evidenzia il rapporto tra corpo e natura. L’ambientazione iniziale è serale e molto buia, ma con una contemporaneità dell’alternanza del giorno e della notte, nonché delle stanze delle due protagoniste, Angela e Valeria, entrambe frustrate per il vuoto della loro vita sentimentale e amorosa, che vorrebbero colmare con l’arrivo di un giovane forestiero, Iulius, di provenienza lombarda. Il ragazzo, anche a causa dei domestici delle donne, loro complici, si ritroverà implicato in una serie di equivoci e situazioni, ora comiche, ora amorose, da cui non sempre sarà facile venire fuori. I dialoghi, spesso brevi, avvengono per lo più in strada, per le calli veneziane e sottolineano il rapporto fra desiderio e dinamicità. L’autore disegna infatti la tensione dei corpi nella serie di quadri rappresentati. Non sono usate didascalie per la descrizione del protagonista, tratteggiato direttamente dalle parole di una serva, che ne evidenzia il rapporto tra bellezza, giovinezza e desiderio, richiamato anche dall’ abbigliamento del giovane. La commedia dell’eros per eccellenza mette dunque davanti ad una stretta relazione fra teatro e desiderio, che mostra come l’oggetto di questo stesso desiderio sia sempre ciò che muove all’azione, nell’intreccio scenico.

 

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